Miracolo a Le Havre: solidarietà e ironia
L’ultima fatica di Aki Kaurismäki è stata presentata per la prima volta al Festival di Cannes 2011, ricevendo una buonissima accoglienza ma tornando a casa a secco per quanto riguarda i premi più succosi. Peccato, perché questo Miracolo a Le Havre è di sicuro uno dei Kaurismäki migliori, secondo forse solamente a L’uomo senza passato. E si apre ancora una volta il dibattito sul modo di fare cinema del regista finlandese. È noto – e anche in Le Havre non si riceve una smentita – che Kaurismäki, nell’arco della sua carriera, abbia riproposto costantemente gli stessi temi con uno stesso stile (il suo, inconfondibile). Si tratta di ristagno creativo o di evidente esempio di ottimo cinema d’autore?
Tale è la semplicità di Kaurismäki nel trattare temi complicati, tanto acuta è la sua ironia tesa a stemperare la seriosità (e la drammaticità) delle problematiche mostrate, tali sono la leggerezza e la vivacità di immagini che vogliono veicolare un forte messaggio morale e sociale, che è impossibile, almeno col cuore, tacciare il regista finlandese di ripetitività, e perciò stroncarlo. Perché il cinema di Kaurismäki è questo: schierarsi dalla parte degli outsider e dei relitti della società, costringere lo spettatore a simpatizzare per loro e a seguire il loro percorso di crollo e rinascita.
La storia dei personaggi di Le Havre si divincola tra due forze in opposizione, quella conciliante della solidarietà umana (Marcel cerca di far arrivare, con la complicità del vicinato, il giovane Idrissa a Londra, dove lo aspetta la madre) e quella repulsiva della legge (la polizia dà la caccia al ragazzino). Kaurismäki fa prevalere la prima, e fa finire tutto nel migliore dei modi (soffermandosi persino su un ciliegio in fiore, un finale irreale nella sua dissonanza che porta alla mente quello di Velluto blu con i pettirossi). L’happy end non è un ostentazione di ottimismo, ma un invito per lo spettatore, veicolato da una catarsi senza tragedia, a uscire dalla sala contento e a comportarsi nel mondo lì fuori come farebbero i personaggi positivi del film. Anche questa volta Kaurismäki non può fare a meno dell’uso della musica: se in L’uomo senza passato il protagonista convinceva la band dell’Esercito della Salvezza a buttarsi sul rock, in Miracolo a Le Havre Marcel raccoglie i soldi per mandare Idrissa a Londra grazie a un concerto di beneficienza tenuto da Roberto Piazza (alias Little Bob), che si è convinto a cantare solo dopo la riconciliazione con la sua amata.
Curiosità
Il protagonista André Wilms è lo scrittore in Vita da bohème, altro film francese di Kaurismäki.
A cura di Riccardo Vanin
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