Le terre del cowboy
Per Kevin Costner: «I veri eroi sono quelli che si impegnano in un secondo lavoro per far fronte alle esigenze economiche della propria famiglia». Parole intense e meditate, che il regista ha scandito con convinzione durante un’insolita conferenza stampa che ha fatto affiorare prima i sentimenti dell’uomo e poi il film da questi realizzato. Ed è da questo rigore, da questo rispetto per il prossimo che dobbiamo partire per cercare di capire nel profondo le motivazioni di Terra di confine.
Un western sicuramente atipico, magari non trascendentale nella resa, ma che ha il pregio di mostrarci il vissuto quotidiano dei cowboys spogliati di ogni retorica. Quella retorica imbastita, arricchita e poi spacciata per vera proprio in territorio americano. Costner però non ci sta a raccontare ancora quelle grossolane bugie. Lui vuol parlare di prove di lealtà, di onestà e di coraggio dei più deboli sui più forti. Di soprusi grandi e piccoli compiuti dai tiranni di turno, spalleggiati dai soliti violenti che ragionavano solo con le pistole in mano. E’ così che nasce l’America, quella vera. Dallo scontro tra barbarie e aneliti di civiltà. Una condizione che, come abbiamo visto anche nello splendido Gangs of New York di Martin Scorsese (Usa/Germania 2002); si protrasse sino alle soglie dell’edificazione urbanistica e morale delle grandi metropoli statunitensi.
Ma a Costner non basta nemmeno questo. Egli con Terra di confine vuole andare oltre al pur basilare anelito alla libertà. Poiché i suoi cowboys, a volte cenciosi, rozzi e puzzolenti, hanno un altro ostacolo da superare: il rapporto con l’altro sesso, con la semantica dei sentimenti e il loro approdo nel dialogo tra uomo e donna. Quindi nel rispetto delle buone maniere, magari imparate lì per lì, tramite quel manuale allora ancora non scritto, ma già implicitamente presente nelle dimore decorosamente pulite, nei piccoli servizi di porcellana che le grosse dita dei vaccari non riuscivano nemmeno a maneggiare. Costner indugia in dettaglio su questi minuti oggetti-simbolo, in netta contrapposizione con i campi lunghi delle sterminate praterie popolate dai cowboys, per farci comprendere che la conquista della Civiltà non fu meno perigliosa di quella delle terre del profondo West.
* Osvaldo Contenti è autore assieme a Renzo Rossellini del volume “Chat room Roberto Rossellini”, Luca Sossella editore, pagine 160, euro 15 > Web site Osvaldo Contenti Digital Art
A cura di Osvaldo Contenti
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