Stravaganze (s)frenate
Sono pochi gli autori che hanno il coraggio e l’opportunità di portare sullo schermo una storia che coinvolga la riscoperta della vita (erotica e sentimentale, ma non solo) durante la terza età. Perché è proprio questo il tema centrale del film, sintetizzato in una frase che May dice a se stessa: “Signore, lasciaci essere vivi prima di morire”. Un tema sicuramente tabù, per molti aspetti, un tema che qualcuno potrebbe definire scioccante.
Personaggi dell’orrore
May, ormai sessantacinquenne, si ritrova ad essere l’amante di un giovane muratore sposato e, per giunta, amante della figlia Paula. E’ una situazione difficile e per certi versi sgradevole, che oltretutto viene posta senza mezzi termini, senza sottintesi. Tutto è molto esplicito… Tutto è un po’ troppo esplicito. Paula appare certamente come una persona molto fragile, ma raggiunge dei picchi di cattiveria verso la madre che la rendono un personaggio assolutamente insopportabile. A ben vedere, quasi tutti i personaggi di questo melodramma diventano (se non lo sono sin dall’inizio) del tutto disumani: Bobby e la moglie sono concentrati sul loro lavoro, sentono May esclusivamente come un ingombro; i loro figli sono dei mostriciattoli cinici e senza cuore; l’anziano signore che May conosce al corso di scrittura creativa della figlia appare spinto solamente da uno sfrenato ed imbarazzante istinto sessuale; Darren, che appariva inizialmente come un duro dal nobile animo, si trasforma presto in un bello e dannato condannato all’autodistruzione. Persino May, di cui inizialmente comprendiamo il disagio, le sofferenze e il coraggio, finisce per subire tutto ciò che le accade in modo talmente arrendevole e frivolo da risultare paradossale.
La regia puerile
La situazione ed i personaggi non sono però la causa ultima del fallimento di questo film. E’ come se il regista non riuscisse a tenere sotto controllo la storia, come se gli sfuggisse continuamente di mano, egli non riesce a creare l’atmosfera giusta per cui lo spettatore possa appropriarsi della storia stessa ed esserne reso partecipe. Le situazioni quindi risultano del tutto alienanti, fastidiose, si finisce per ridere di fronte alle scene più drammatiche (come quella in cui May subisce una specie di stupro da parte di un anziano signore). Inoltre, la regia fallisce proprio nei momenti cruciali, quando dovrebbe esprimersi al meglio. Si veda la scena in cui May lascia definitivamente la casa del figlio e la soggettiva di May su tutti i personaggi. Forse si voleva creare l’effetto di May risucchiata fuori da quel mondo, ma si è solamente creato un effetto paradossale e grottesco, amplificato dalla banalissima ed insensata canzone di sottofondo.
A cura di Claudia Triolo
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