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Alle porte del medioevo

Alle porte del medioevo

Nonostante le premesse suggerite dalla trama, bisogna subito specificare che Le invasioni barbariche non è sotto alcun aspetto un film drammatico. Perché sebbene la storia sia quella di un malato terminale, i toni della narrazione, la chiave di lettura che il film ci suggerisce non indugia mai sulla dimensione dolorosa, tragica dei protagonisti. Ma attraverso l’ironia e l’umorismo che trapelano da molte situazioni rappresentate, ci vengono proposti dei punti di vista critici e sferzanti sulla realtà odierna, affrontati da protagonisti complessi e molto coraggiosi. Il film si svolge in Canada, dove finiranno per ritrovarsi famigliari e amici del malato, nel frattempo dispersi tra Europa e America per motivi di lavoro e scelte di vita. E’ quindi il mondo canadese quello che viene indagato, ma i problemi sono quelli attuali di ogni società democratica contemporanea, e vengono infilzati uno dietro l’altro. Il diritto alla salute anzitutto, con gli ospedali pubblici malgestiti e sovraffollati con interi reparti lasciati in disuso e lavori in corso permanenti. Di contro un’organizzazione basata su strutture private pulite, efficienti e molto costose subito al di là del confine statunitense. Un esempio di buona gestione o un miraggio accessibile solo ai privilegiati? Certamente un grosso problema è quello della burocrazia statale che soffoca le istituzioni di tutti i livelli e che per far muovere i propri meccanismi inerti ha bisogno di essere lubrificata con l’olio della corruzione. I sindacati si inseriscono perfettamente in questo humus e funzionano come un apparato burocratico parallelo, se non alternativo, a quello ufficiale ma molto più ambiguo e a tratti malavitoso. Senza il loro consenso non si fa nulla, ma facendoseli amici quasi tutti i problemi si possono risolvere. Attraverso l’ospedale passano un po’ tutte le contraddizioni della società, e moltissimi dei temi affrontati anche sui nostri giornali o ultimamente all’ordine del giorno dei nostri parlamentari. Come il problema della terapia del dolore, quella necessaria per alleviare le sofferenze dei malati terminali ricorrendo a dei farmaci. La morfina sarebbe una soluzione, ma l’eroina è molto più efficace: circola senza nemmeno troppi giri di parole, le infermiere assistono, ma l’argomento resta taboo. In Italia dopotutto è già difficile trovare qualcuno che sappia che cos’è la terapia del dolore. Altra grande contraddizione è legata ai rapporti ambigui tra mondo delle tossicodipendenze e forze dell’ordine. Proibizionismo e arresti non sono serviti a sradicare la circolazione delle droghe. Di cambiare l’approccio non se ne parla, si preferisce supervisionare il fenomeno, facendo finta di non sapere, sperando almeno di evitare i conflitti più grossi e i regolamenti di conti. La politica della riduzione del danno, con un’attenzione al problema più medica che poliziesca, è appena abbozzata. L’alternativa all’eroina è il metadone, “è una cosa seria” viene detto, ma anche in Italia qualcuno non ha mai smesso di tollerarlo. Almeno viene sfatato un mito: il tossicodipendente non è un individuo con gli occhi bianchi che abita in un vicolo pieno di spazzatura, ma un’insospettabile persona qualunque, magari addirittura con un titolo di studi!
Con l’eutanasia si presenta l’ultima grande assurdità. Il diritto di ciascuno a scegliere quando e dove morire, assistito nel caso di non autosufficienza, è qualcosa di condivisibile e drammaticamente profondo, un atto di amore nei confronti di un caro sofferente. Ma resta un atto clandestino, da tacere, represso.
Tutto ciò che viene mostrato è veramente molto utile per ricostruire un punto di vista nuovo e diverso su molti luoghi comuni e distorsioni che viviamo quotidianamente e che nel film sono affrontate in modo limpido, sereno, immediato.
E le invasioni barbariche? Quelle sono per chi resta, e i protagonisti sono le nuove generazioni. I giovani di un tempo erano portatori dei idee nuove, dell’utopia, dell’abbaglio rivoluzionario. La maturità ha portato più saggezza, lungimiranza, moderazione e ha aperto gli occhi sugli errori della gioventù, sulle nefandezze che ha da sempre commesso l’uomo. Finito l’ideale restano la cultura, l’esperienza accumulata. Ma quello che si prepara è un lungo medioevo, i cui fautori sono giovani rampolli, votati al materialismo e al successo. Non sono cattivi ma pericolosamente aridi, semianalfabeti, spregiudicati.

Questo film è stato votato dalla redazione come il miglior film dell’anno 2002/2003.

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