Libera(mente)
Oggi vinco io.
Liberi. Nel senso più illimitato. Non solo liberi di dire, di fare, di sbagliare sulla propria pelle. Ma liberi anche dalle paranoie, dai sensi di colpa, dalle paure, da tutti quei meccanismi mentali che spesso e volentieri la nostra testa ci sottopone. Liberi da tutto ciò che socialmente ha importanza. Per scoprire che siamo ancora vivi anche se si perde il lavoro o se il nostro compagno o nostro figlio se ne va di casa. È questo il tema di cui vuole parlare Tavarelli servendosi della storia di una delle solite famiglie infelici, con madre e padre che si separano e figli stanchi di essere sempre chiamati in causa a fare da arbitri a genitori che si comportano come bambini. Come si può immaginare, le tematiche sono un po’ inflazionate e la sceneggiatura è, in diversi punti, alquanto semplicistica (è davvero così facile vincere gli attacchi di panico?) e, in altri, un po’ sconclusionata.
Dritto al cuore.
Nonostante tutto, il film ARRIVA! Ancora una volta mi accorgo di quanto conti lo spirito con cui si intraprende un progetto, perché, alla fine, quello che giunge dritto al cuore dello spettatore è la sincerità del regista. Va bene, forse mi sono lasciata coinvolgere e non sono esattamente obiettiva (d’altronde quale ventenne non ha mai sognato l’indipendenza?); in ogni caso sono uscita dal cinema con gli occhi gonfi di lacrime. Mi ha commosso un padre che “vive la vita come fosse una ferita aperta, che si rimargina solo quando muori”. Mi ha fatto tenerezza una madre che cerca la felicità scappando. Ho invidiato i due ragazzi così vivi, così puri. Mi sono rivista nella loro continua voglia di sfidarsi sui propri limiti, di credere in un altro modo possibile di vivere, senza miseria. La verità è che “Liberi” è un film fresco, con una fotografia molto curata, degli attori simpatici, e un’insolita ambientazione (Pescara) che porta una ventata di novità al cinema italiano. Detto questo le pecche ci sono: il regista, che ritiene di volere “raccontare la lotta e le sofferenze della classe operaia”, non ci riesce poi tanto bene, anzi: l’argomento sembra addirittura marginale, quasi uno sfondo alle vicende dei due giovani. Gli spunti ci sono, peccato non siano quasi mai approfonditi!
“Nei vuoti d’aria della realtà tracciamo traiettorie migliori.”
Questo dicono i Subsonica. E questo è anche il messaggio di Tavarelli, reso noto attraverso un lieto fine un po’ sfacciato e fastidioso ma, comunque, profondamente desiderato. Liberitutti.
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