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Il vero mercato inglese

Il vero mercato inglese


“E’ ora che ti svegli dal tuo stupido sogno!”. Così, dopo un’ora di film, Okwe, il personaggio interpretato da Chiwetel Ejiofor, riporta Amelie nel mondo reale. Già, perché Senay è interpretata proprio da quell’Audrey Tautou che del favoloso mondo immaginato da Jeunet era occhi e corpo. E che finalmente riesce a staccarsi da quel personaggio calandosi nei panni di un’immigrata turca con sorprendente naturalezza. Ma nel mondo di Stephen Frears, che è tutt’altro che favoloso, ha ben poco da sognare. La Londra che il sessantaduenne regista inglese rappresenta è il più lontano immaginabile da quella da cartolina, con i soldati nella loro divisa sempre perfetta che fanno il cambio della guardia. È invece un limbo dove la gente lavora in nero sottomessa a moderni schiavisti e dove l’unica possibilità di salvezza viene concessa dopo aver donato o estratto un rene. Ed è verso la ricerca di questa salvezza che Okwe e Senay si perderanno. Innamorati l’uno dell’altro senza la possibilità di amarsi, il film racconta il loro tentativo di stare a galla in questa Londra alla deriva. Frears non è Chang-dong Lee, il suo pessimismo non è totale e i protagonisti sono indecisi sulla strada da prendere. Questo fa del film un’opera non del tutto compiuta, perché in qualche caso il regista si ritrova come i suoi protagonisti indeciso sul percorso da seguire. Il tipico humour inglese, ad esempio, inserito qua e là, in qualche caso è utile a stemperare la tensione, ma spesso spezza inutilmente l’impianto drammatico. Il giudizio sulla pellicola rimane comunque positivo, perché l’opera di Frears risulta importante e necessaria per la messa in luce di una serie di realtà sommerse. Certo se Frears avesse avuto una sensibilità più “orientale” o delle intuizioni registiche diverse (alla Dardenne per intenderci) il film avrebbe potuto avere una marcia in più.

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