Jung in love
Chissà cosa aveva in mente di raccontare Roberto Faenza quando ha iniziato a girare Prendimi l’anima. Una storia d’amore impossibile? Una biografia di una donna guarita dalla pazzia? Il rapporto ambiguo tra psicanalista e paziente? Un film-inchiesta su un personaggio dimenticato dalla Storia? Le domande sorgono spontanee dopo aver visto il film.Il tutto inizia con l’internamento di Sabina Spielrein in un manicomio, l’incontro con il giovane Carl Gustav Jung alle prese con la sua prima paziente e il lento nascere della passione amorosa tra i due. In parallelo ci viene presentata la storia di una giovane discendente di Sabina Spielrein che decide di recarsi in Russia per compiere una ricerca sul conto della presunta antenata ed incontra un professore di storia scozzese anche lui alle prese con la medesima ricerca.Fino a qui potrebbe sembrare tutto normale, a parte dialoghi di una banalità spiazzante, una regia altrettanto incolore e degli attori mediocri. Il problema è che Faenza ad un certo punto perde totalmente il controllo della sua macchina-film: non approfondisce assolutamente il rapporto psicanalista-paziente e la conseguente passione amorosa (il tema che poteva essre più originale);trasforma la vicenda dell’inchiesta nella copia di Inviati molto speciali (Juia Roberts e Nick Nolte…ma almeno lì sapevamo a cosa si andava in contro…); e prolunga la descrizione della vita della Spielrein (poi divenuta una pscichiatra infantile nell’Urss della rivoluzione) fino alla sua morte per mano dei nazisti concludendo il film nel genere storico-bellico (visto che Il pianista ha avuto tutto questo successo…) con annesse sparate su Stalin e la Russia odierna ormai in disfacimento.Insomma, la sensazione è che Faenza abbia voluto dire troppo senza poi riuscire a dire nulla. L’idea del film poteva essere interessante, ma non si capisce perché il regista non l’abbia voluta approfondire e scandagliare con maggior incisività. Così Jung appare come un personaggio senza spessore, debole ed anche la sua paziente-amante rimane una pazza schizofrenica che all’improvviso guarisce grazie all’amore del professore.Quindi, se volete andarlo a vedere, non aspettatevi un film sulla psicanalisi e non fatevi ingannare nemmeno dal manifesto con la scena di nudo (scelta che appare un po’ furbetta, forse per accaparrarsi un po’ più di pubblico…) rimarrete delusi in entrambi i casi…
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