Notizie dall’Irlanda
Rispettando le unità di aristotelica memoria (le ventiquattro ore dalla sera del sabato alle prime ore del mattino del lunedì) Paul Greengrass ricostruisce la drammatica cronaca del massacro che trent’anni fa ha trasformato una normale domenica a Derry (se possiamo considerare normale vivere in una città che sembra il risultato di un bombardamento, con posti di blocco controllati dall’esercito per le strade) in una giornata epocale del conflitto in Irlanda del Nord.
Tra il documentario (campo in cui il regista si è fatto le ossa) e il DOGMA di Von Trier e compagni, di cui sembra rispettare rigorosamente ogni regola (macchina a spalla, che nelle scene più calde mette a dura prova lo stomaco dello spettatore, luce naturale, fotografia più televisiva che cinematografica, niente colonna sonora, a parte la scelta obbligata di “Sunday Bloody Sunday” degli U2 di un tempo lontano sui titoli di coda) compie un’accuratissima ricostruzione dei fatti divisa nettamente in due blocchi, da una parte i manifestanti irlandesi dall’altra l’esercito inglese.
Nella massa emergono tre figure: il deputato non violento Ivan Cooper (un intenso James Nesbitt); il comandante inglese e Gerry (interpretato da Declan Duddy, nipote di Jackie Duddy che fu la prima vittima di quella giornata); uno dei tanti giovani tirapietre odiati dagli inglesi.
A differenza di altri film sullo stesso argomento (i due di Jim Sheridan, che qui è uno dei quattro produttori, con Day-Lewis o “Michael Collins” di Jordan, altro affresco storico di una vicenda fondamentale nella storia irlandese); il regista sembra non volere prendere posizione o cercare un facile coinvolgimento emotivo, ma presentarci naturalisticamente i fatti. A noi tirare le conclusioni.
Solo i fatti nella loro cruda realtà, non un inquadramento degli stessi nel contesto della questione irlandese, né un approfondimento sulle conseguenze politiche della strage (dov’è l’IRA, nei suoi rapporti col Sinn Fein di cui Cooper fa parte o nel suo rafforzamento dopo i morti, a parte le brevi apparizioni?).
E se colpisce la bravura con cui costruisce un crescendo che esploderà nella violenza (attraverso sequenze che si aprono e si chiudono nel nero come brevi atti teatrali) forse si rimane un po’ insoddisfatti per la freddezza dell’operazione e per certe furbizie (il parà “buono” che non vuole sparare, il poliziotto contrario alla strage che non fa nulla per impedirla).
Inquietanti comunque le affinità tra certe frasi di soldati e ufficiali e certe sparate di politici e poliziotti nostrani su fatti a noi molto più vicini (per tempo e luogo).
Concludendo: se ci si aspetta una rigorosa ricostruzione storica di un evento, il film mantiene le promesse. Se dal cinema, a maggior ragione da un cinema di denuncia, (per restare da noi Rosi o Pontecorvo) ci si aspetta qualcosa di più, si esce dalla visione non completamente soddisfatti.
Una curiosità: “Sunday Bloody Sunday” è in origine un film del ’71 di Schlesinger, il cui titolo campeggia, in una scena del film, annunciato nel cinema locale.
Cinema nel cinema?
Note: Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino e Premio del pubblico al Sundance. Ma non scomodiamo ” La battaglia di Algeri”.
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