La tristezza di un sorriso
Ci sono film che esprimono gioia e amore per la vita. Come se il sudore, il sangue e la passione respirassero nella celluloide. “Lunedì mattina” è uno di questi. L’opera è decisamente fuori dagli schemi. Del resto difficilmente potrebbe non essere così, poiché Ioseliani non è un regista etichettabile, che rientra in quelli che sono i binari abituali del cinema odierno. I dialoghi sono pervasi da pungente ironia che pur senza avere nulla di sarcastico lascia intravedere nel fondo una sorridente tristezza. La pellicola è un malinconico inno alla gioia, consapevolmente irrazionale, che sbeffeggia un mondo fatto di regole, insopportabile per un animo gioiosamente anarchico come quello del regista. Il tabacco e l’alcol sono segni di un desiderio di festeggiare e diventano non discutibili vizi bensì tracce di un legame spirituale e quasi religioso. I volti sono segnati dalla vita: il cineasta non ci dice il perché, ma lascia intravedere la loro stanchezza; ciò non ostante non si sono stancati di ridere, in modo magari anche smodato, talmente smodato che a qualcuno potrebbe infastidire.
Dal film emerge un’umanità che vuol giungere al fondo delle cose. I personaggi sono il contrario di ciò che si intende per rispettabile nel senso borghese e perbenista del termine. Ciò non significa che siano delinquenti o paria. Hanno anche legami familiari, ma questi non sono mai abitudinarie convenzioni. Ci si può allontanare per lunghi periodi dalla propria famiglia per partire verso un lungo viaggio senza meta, senza dire nulla a nessuno. Nella vita in fondo non c’è bisogno di molti perché.
La pellicola è, per così dire, piena di spazi, di vuoti che lo spettatore deve riempire da solo. A Ioseliani non interessa spiegare, bensì vivere. Non mostra, suggerisce. Un ragazzo con una bicicletta può dire sull’amore molto più di un bacio appassionato.
Quindi al diavolo gli impegni, i doveri e tutti i ripetitivi lunedì mattina del mondo.
Note: Orso d’argento per la miglior regia a Otar Iosseliani al Festival di Berlino 2002.
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