Gli effetti notte del cinema hard – 2° parte
La storia della settima arte annovera molti grandi registi che hanno realizzato opere sul cinema, storie che mostrano il dietro le quinte della lavorazione di un film, spunti per riflessioni metacinematografiche. Anche nel cinema a luci rosse.
Dopo Skin-Flicks, un altro grande regista dell’hard, Henri Pachard, decide di realizzare il suo effetto notte, dal titolo Sexcapades (id., 1983). Anche lui è stato un grandissimo esponente della Golden Age of Porn e non è la prima volta che riprende tematiche del maestro Damiano. Già lo aveva fatto con il sequel di un grande classico quale The Devil in Miss Jones (id., Gerard Damiano, 1973). Intitolato The Devil in Miss Jones Part II (id., Henri Pachard, 1982), questo seguito si caratterizza per essere, diversamente dall’originale, molto divertente e davvero spassoso, come nello stile di questo autore.
Protagonista di Sexcapades è il regista Harry Crocker, brillantemente interpretato da uno dei grandi attori dell’epoca, Eric Edwards. Ovvio il richiamo al protagonista di Skin-Flicks, che pure si chiama Harry. Crocker è un ex grande regista di porno, passato al cinema normale senza molto successo. E’ quindi costretto a tornare al suo primo impiego, per motivi alimentari, e a girare un grande film hard nella sua grande villa. Evidente anche il riferimento alla celebre commedia S.O.B. (id., Blake Edwards, 1981). La lavorazione del film procede con la presenza invadente sul set della moglie del regista, che vigila affinché non vengano sporcate le preziose coperte e federe. Spicca tra i personaggi quello della produttrice, inevitabilmente molto gnocca.
Una delle scene clou è quella del provino che Harry fa a una baldanzosa debuttante. Lui insiste perché lei reciti un copione mentre lei non fa che elencare tutte le specialità in cui eccelle. Un dialogo tra sordi. Un’altra audizione è mostrata all’inizio all’inizio, con la produttrice annoiatissima. In questo caso l’aspirante attore viene bocciato causa una defiance molto comune, una eiaculazione precoce. Una terza scena con un provino ribalta lo stereotipo dei ricatti sessuali dei produttori nei confronti di ragazze che vogliono fare carriera. Ad approfittare della fanciulla di turno è la produttrice, che la obbliga ad un rapporto lesbo.
Pachard illustra nel film, attraverso il suo alter ego, quello che era il suo speciale metodo di lavoro. I due attori, che saranno protagonisti di una torrida scena, sono tenuti all’oscuro dell’identità del partner fino al momento di girare. Quindi il regista attua un particolare tipo di training con l’attrice. La tratta molto dolcemente, la prende per mano e le dice di guardare in faccia i componenti della troupe, in modo da stimolare il suo esibizionismo. I grandi registi della Golden Age avevano in effetti sviluppato dei metodi di lavoro personali. Chuck Vincent, un altro nume tutelare dell’epoca, soleva creare tensione tra due attori, prima della scena, raccontando loro maldicenze sul partner. La rabbia accumulata si scaricava così in una intensa scopata catartica.
Pachard si diverte molto con giochi metacinematografici e compare nel ruolo cameo di un laido buttadentro di un cinema a luci rosse.
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Come l’Harry di Skin-Flicks, anche Crocker è perennemente ossessionato dal modo in cui concludere il suo film. Alla fine di Sexcapades lo si vede chiedere aiuto alla produttrice. Lei lo consola, al contrario di quello che succedeva in Skin-Flicks, dicendogli che è solo un film, non una cosa importante. Improvvisamente compare, senza motivazione logica, una prorompente ragazza orientale che inizia uno spogliarello mozzafiato. Crocker ha un’illuminazione: ha trovato il finale! Segue un ménage à trois sui titoli di coda. Il finale del film nel film è diventato dunque quello del film in un gioco metalinguistico davvero brillante. Davvero notevole parlare di metalinguismo, in ambito pornografico, senza alludere necessariamente alla quantità di organi gustativi messi in gioco!
A cura di Giampiero Raganelli
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