Modo poetico
Al limite tra la forma del documentario e le avanguardie moderniste, questo modo si sviluppò durante gli anni Venti. Sacrificando l’idea di un montaggio continuativo e del senso di una collocazione spaziale precisa, il modo poetico giustappone immagini creando delle rime visive di carattere spaziale e temporale. Il modo poetico permette di presentare le immagini del mondo reale in un modello innovativo, aprendo la possibilità di nuove forme di conoscenza e di punti di vista alternativi. Per esempio, Regen (1929) del regista olandese Joris Ivens è un celebre affresco di una giornata di pioggia ad Amsterdam. La sua costruzione formale segue un rigore geometrico, gioca secondo una logica di luci e ombre, in una poesia fatta di immagini quasi astratte. Il film di Ivens si rivela essere un documentario influenzato creativamente dalle teorie formulate dalla scuola del Bauhaus e dalle avanguardie artistiche Dadaiste; il modo poetico iniziò infatti contemporaneamente al modernismo, a cercare nuovi metodi di rappresentazione della realtà attraverso frammenti, impressioni soggettive, scelte apparentemente incoerenti e dissociazioni visive. Il modo poetico ha trovato anche di recente dei registi disposti a confrontarsi con il genere attraverso la propria l’idea di poema per immagini. Chris Marker in Sans Soleil (1982) descrive in questo modo una complessa meditazione sull’arte documentaria, sulla memoria e sul post-colonialismo. L’intera opera di Godfrey Reggio, in parte dedicata alla natura (Anima Mundi, 1992), in parte dedicata all’uomo (Koyaanisqatsi,1983; Powaqqatsi, 1988; Naqoyqatsi, 2003) gioca sull’accostamento di materiali diversi, con accelerazioni o rallentamenti dei filmati, giustapponendo immagini che assumono valore proprio in base agli accostamenti del montaggio ritmato dalla musica di Philip Glass. È necessario premettere che questo genere, data la particolare elaborazione e unicità di ciascun film, risulta difficilmente alterabile in forma di mock-documentario, anche per la sua caratteristica costruzione anti-narrativa.
A cura di Carlo Prevosti
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