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cultura dell'immagine e della parola

Pubblivori a Milano

Arrivo affannata al luogo dell’incontro. Venti minuti di ritardo non sono pochi. L’unico vantaggio è che sembra non esserci coda. Mi avvicino all’entrata e uno stewart dall’aria saputa chiede cortesemente le mie referenze. Il red carpet del SuperStudio Più mi aspetta.

L’atmosfera è anni luce da quella che l’anno scorso avevo vissuto al cinema Universale di Genova. Qui tutti gli spazi sono più grandi e le persone sono migliaia, dagli universitari interessati a una notte “diversa” ai pubblicitari delle agenzie di comunicazione, che sono venuti a fare “esercizio creativo”.

Entro nel grande spazio dedicato alle proiezioni, un luogo enorme improvvisato a sala cinematografica. Sullo schermo scorrono le immagini del commercial per Chanel N°5, con un’irresistibile Nicole Kidman protagonista. Il pubblico è attento e partecipe, applaude commosso e ride fragorosamente quando trasmettono gli spot cinesi. La pubblicità si fa spettacolo e si fa interprete dell’intimo umano, della cultura e degli schemi conoscitivi delle persone.

Proprio per questo la pubblicità indugia sullo stereotipo e lo sfrutta, per ottenere il risultato desiderato: la risata, il divertimento. Altre volte usa i preconcetti per sovvertirli e mostrare qualcosa di nuovo, di inaspettato che, come una poesia, come un buon film riesce a colpire lo spettatore. È questo il caso delle campagne sociali o di sensibilizzazione, come quella in cui si vedono uomini e donne fare una strana danza di fronte a bicchieri, vasche da bagno e pentole. Stanno ballando la danza della pioggia: perché l’acqua non è inesauribile e preservarla è un dovere.

Il problema, però, è usare questa tecnica del sovvertimento in modo coerente, lo stupore non deve essere contraddittorio rispetto al messaggio che si vuole mandare, altrimenti l’effetto è del tutto contrario a quello che si voleva ottenere. Forzare la mano non porta a nulla.

Quest’anno, poi, durante la rassegna degli spot più belli, sono stati trasmessi intermezzi tematici: la pubblicità svedese, quella rumena e la pubblicità italiana degli anni Sessanta. Il pubblico ha rumoreggiato parecchio quando sullo schermo sono passate le immagini di Domenico Modugno che cantava “Volare” per pubblicizzare la benzina Api, perché “Con Api si vola”. Un modo di fare pubblicità, quello di Carosello, tutto diverso rispetto a quello di oggi. Un modo che non è più capito, che fa ridere e sbadigliare di noia, ma un prezioso documento del tempo passato.

È il momento di uscire e tornare a casa, rimanendo incantata dalla bellezza di alcune parti di Milano, nascoste e misteriose, che svelano nella notte tutto il loro splendore.

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