Una vita come tante. O forse no
Ecco a voi Agostino Roi, 34 anni, il rappresentante di articoli per l’ufficio più “cazzuto” della provincia. Questa la frase ricorrente che il protagonista del romanzo si ripete di continuo, forse perché troppo insicuro per convincersi di avere un ruolo nella società al di fuori del suo lavoro, o forse, al contrario, perché nel suo intimo Agostino è così convinto di sé che tutto il mondo deve pur riconoscerlo.
Questa è la storia di un uomo, diviso tra le due sfaccettature del suo carattere: da una parte è un uomo controllato, fiducioso perché le conferme che ottiene nell’ambito professionale gli dimostrano di essere un uomo che sa il fatto suo; dall’altra è anche un uomo pigro ed indolente. Preferisce non agire direttamente piuttosto che faticare per cambiare il corso degli eventi. Questi due aspetti si alternano di continuo anche quando un giorno scopre che uccidere la moglie è quanto mai inutile poiché allo scoccare della mezzanotte questa si risveglia come nulla fosse, viva e vegeta. Agostino non se ne capacita; è stordito da questa fastidiosa condizione che è costretto a vivere, anche se ben presto sembra quasi prenderci gusto, tanto da sperimentare tutti i modi più spettacolari e distruttivi per ucciderla. L’assassinio della moglie Margherita rientra dunque nelle attività quotidiane di Agostino quasi quanto farsi la barba o lavare la macchina. Intorno a lui si aggirano la sorella, i suoceri, il commercialista rampante, la collega della moglie e altre macchiette, ignari della situazione che sta vivendo Agostino e senza altro scopo che mettere ancor più in risalto i pensieri schizoidi di Agostino.
Il romanzo viaggia intorno a questo goffo eroe e al suo quotidiano, che lo vede barcamenarsi e arrancare nel tentativo di sopravvivere alla situazione inspiegabile che sta vivendo. I suoi pensieri ad alta voce e le sue riflessioni autoanalitiche si alternano alle parole di chi gli sta intorno, creando un divertente e cinico ‘botta e risposta’. Il lettore non può che esserne affascinato, tanto da diventare complice di un maldestro omicida e tremare con lui quando si presenta il rischio che qualcuno scopra la verità. Dunque è inevitabile ridere delle battute caustiche di Agostino, che lasciano spiazzati i suoi interlocutori, e delle spiritose situazioni che lo vedono destreggiarsi tra i morti e i vivi, alternate a un’Ondaverde alla radio e alle previsioni zodiacali via sms.
L’unico neo di questo intreccio inverosimile è la mancanza di un climax. Agostino vive le sue calde giornate estive uccidendo incessantemente zanzare e una moglie, nuotando in piscina e promuovendo i suoi articoli per l’ufficio. Tutto si ripete senza soluzione di continuità come in un lamentoso fado portoghese, che culla il protagonista e lo mantiene in uno stato di inebetimento. Nulla accade. Ed è un vero peccato perché non sarebbe stato necessario l’arrivo degli alieni o il risveglio da un incubo a portare a termine la vicenda, quanto un’auspicabile svolta nel carattere del giovane “cazzuto” di provincia. Evidentemente l’autore ha voluto, nell’assurdità della storia raccontata, parlare di un uomo normale con una vita, in fondo, come quella di tanti. Prevedibile e immutabile.
L’autore
Samuele Galassi è nato nel 1975 a Osimo (AN). Laureato in Lettere all’Università di Firenze, da qualche anno vive a Bologna, dove lavora come giornalista pubblicista e redattore precario in un service editoriale. Ha pubblicato racconti in rete e sulle antologie Aldilà del fegato (Coniglio editore 2006), Effetti collaterali (Giulio Perrone, 2006) e Senza sapere chi sei (Giulio Perrone, 2007). Tornerai ogni mattina (Edizioni Cento Autori, 2008) è il suo primo romanzo.
A cura di Alessandra Cavazzi
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