Bifest 2012 – Diario, Giorno 2
Dopo un inizio decisamente sottotono, la seconda giornata del Bifest si rivela molto più ricca di opere interessanti. Tra i documentari, Pasta nera di Alessandro Piva attira fortemente l’attenzione, per la storia bella e toccante che racconta: l’ospitalità offerta, da diverse famiglie emiliane, ai bimbi poveri del sud Italia negli anni difficili del dopoguerra. Una storia poco nota (d’altronde, noi siamo il paese in cui l’ignoranza del proprio passato è sempre stato motivo di vanto), raccontata dando spazio esclusivamente alle voci di chi ospitò, di chi venne ospitato e, soprattutto, delle donne coraggiose che organizzarono questo progetto (tra cui una simpaticissima e combattiva Miriam Mafai). Pasta nera non è solo una testimonianza storica preziosa, ma anche un atto d’amore nei confronti della necessità di raccontare, di testimoniare, di ricordare. Da ogni inquadratura del film traspare questo bisogno del narrare che risponde ad un’urgenza fisica, vitale, quasi che raccontare la Storia sia tra i bisogni primari degli uomini. Un film gradevole anche perché appare evidente il piacere e il rispetto con cui Piva ha girato ogni singola intervista.
Altra opera degna di nota è Io sono Lì di Andrea Segre, storia d’amore tra una giovane immigrata cinese e un anziano pescatore slavo in una provincia veneziana umida di pioggia e di salsedine, anonima e grigia, in cui sboccia un amore puro, a cui si fatica a credere. Andrea Segre pone il paesaggio scolorito, la vita umilissima dei due protagonisti, in un contrasto volutamente stridente con i sentimenti brevi e preziosi che essi provano l’uno per l’altra. La gentilezza di Bepi, l’anziano pescatore slavo, ricorda quella di un antico cavaliere, e porta un tocco di gentilezza in un mondo brutale e materialista.
Di ben altro tono è I primi della lista, di Roan Johnson, storia divertente e surreale che, incredibile ma vero, è davvero accaduta a tre poveracci i quali, negli anni di piombo, credendosi braccati dai servizi segreti, chiedono asilo politico all’Austria, per poi finire incarcerati. Una commedia che sembra ideata per il teatro, in cui alla grande ingenuità di questi tre giovani corrisponderanno gli spazi ben più ristretti di una cella. La Storia, quella vera e drammatica, è al di fuori, di essa i protagonisti hanno preso solo la farsa. E con Johnson scopriamo che, in riferimento a quegli anni di stragi, si può anche ridere, senza però dimenticare tutti quei morti che ancora chiedono giustizia.
A cura di Saba Ercole
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