Ai confini della solitudine
Ci sono autori sprinter, perfetti per le brevi distanze. Autori mezzofondisti, che danno il meglio quella terra di mezzo snella ma non troppo che non si sa mai come classificare. E poi ci sono i maratoneti, che entrano in gara dopo la quattrocentesima pagina. Stefano Benni, da questo punto di vista, è un atleta completo. Tra i suoi pregi più evidenti, la capacità di comporre raccolte di racconti compatte e coerenti come romanzi. Antologie profondamente caratterizzate, dotate di una spiccata personalità. In Bar sport il registro dominante era quello comico, Il bar sotto il mare era un libro onirico, L’ultima lacrima era invece ironica, mentre il Dottor Niù indugiava felicemente su toni apocalittici. La grammatica di Dio, dal canto suo, aggiunge una tessera malinconica al mosaico emotivo dello scrittore bolognese. Il filo conduttore è rappresentato dalla solitudine; un tema caro ai poeti – da Leopardi a De André, per citare i più grandi – che Benni percorre in lungo e in largo con amarezza, in linea con la vena pessimista che da sempre caratterizza la sua produzione letteraria.
Normalmente in questi casi la tentazione più forte è quella di procedere per confronti qualitativi con le opere precedenti. In questo caso, trovandoci di fronte a un autore che ha scritto tanto e bene, quello della “classifica” è poco più che un giochetto ozioso. Ciascuno si basi sui suoi gusti. Gli ingredienti, in fondo, sono quelli di sempre: il ricordo di un passato più genuino, la rivisitazione in chiave contemporanea dei miti letterari, la critica al consumismo, la rivendicazione del potere del sogno e della fantasia, la deformazione grottesca delle nostre piccole e grandi nevrosi. Il tutto portato in scena attraverso personaggi immaginifici e mai banali. A conti fatti, chi non ama Benni forse continuerà a non amarlo, mentre chi lo adora troverà un momento di sollievo prima di immergersi di nuovo nell’attesa febbrile della prossima uscita. Per chi ancora non lo conosce, l’ennesima buona occasione per scoprirlo.
L’autore
Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Giornalista, scrittore e poeta, collabora con numerose testate. Ha curato la regia e la sceneggiatura del film Musica per vecchi animali (1989), scrive per il teatro e ha allestito col musicista Paolo Damiani uno spettacolo di poesia e jazz, Sconcerto (1998). È ideatore della Pluriversità dell’Immaginazione. È autore di numerosi romanzi di successo, tra cui Bar sport (1976), La compagnia dei Celestini (1992) e Achille piè veloce (2003).
A cura di Marco Valsecchi
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