I film di Roma 2010
Kill Me Please
Kill Me Please, scintillante commedia nerissima dell’eclettico Olias Barco, è subito apparso tra i film più originali proiettati al Festival di Roma 2010. La storia è nata quando, dopo le critiche al suo primo lungometraggio, Showboarder (2003), il regista francese pensò al suicidio e l’amico sceneggiatore, Stephane Malandrin, gli suggerì di trasformare quel sentimento in cinema.
Il visionario Dottor Kruger (Aurelien Recoing), dal nome di un gerarca nazista ma anche evocativo del protagonista della serie horror Nightmare, ha realizzato il sogno di creare una casa di cura dove darsi la morte non sia più ritenuto un peccato ma un diritto costituzionalmente garantito. Il desiderio di morire porterà al suo cospetto un campionario di stravanti personaggi: malati terminali, depressi, feticisti, imbroglioni e un soprano con un cancro alla gola interpretato brillantemente dalla cabarettista trans Zazie de Paris, coach per Quentin Tarantino durante la lavorazione di Bastardi senza gloria (2009), in versione leopardata sia in sullo schermo che sul tappeto rosso di Roma.
Al primo impatto l’istituto disperso tra le colline innevate di un Belgio non turistico, ricorda le antiche e tetre dimore dei classici dell’horror anni Trenta e la pellicola, puntinata, polverosa e in bianco e nero, rafforza tale sensazione. La macchina da presa, sempre addosso agli attori, non si ferma mai, vibrando anche quando sembra posarsi su un primissimi piano. Temi delicati come la disperazione, il suicidio e l’eutanasia sono trattati con humor nero e spiazzante sfrontatezza in un film irriverente come quelli di Marco Ferreri e cinico come Louise Michel (Benoît Delépine e Gustave de Kervern, 2008), in cui lo stile documentaristico mescola le carte dei generi virando dal grottesco al noir, al pulp, alla farsa fino al finale western. Memorabile quanto surreale la lezione di “economia del suicidio” che il dr. Kruger tiene nel finale a un alunno non consenziente; una lucida riflessione sull’etica, sulla dignità umana e, forse, sull’essenza stessa del capitalismo. Come gli ospiti della clinica anche noi abbiamo un ultimo desiderio, vedere al più presto la prossimo opera di Olias Barco!
A cura di Raffaele Elia
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