L’altra Venezia:
Tanović
Danis Tanović, Oscar straniero nel 2002 per No Man’s Land, torna a parlare della guerra della ex Jugoslavia, argomento che ha impegnato la maggior parte della sua carriera registica. Stavolta l’autore bosniaco si concentra sui momenti iniziali degli eventi bellici che portarono al disfacimento del paese balcanico.
Siamo in una piccola cittadina della Bosnia Herzegovina. Il regista, con un semplice indizio, ci fa capire che gli eventi si collocano nella Jugoslavia prebellica: le automobili portano l’adesivo ovale “YU”. Nel paese torna Divko, l’indimenticabile Miki Manojlović, protagonista di tanti film di Kusturica, dopo un esilio in Germania durato più di vent’anni. I suo ritorno alla terra nativa è legato alla perdita del potere dei comunisti. La sua prima azione sarà reclamare la sua vecchia casa, abitata dalla ex moglie con il figlio, sfrattandoli. Il suo personaggio rappresenta il capitalismo: si è arricchito vivendo in Germania, è pronto a comprarsi tutto, o a tirare fuori banconote fumanti per ottenere ciò che vuole. La sua compagna è, inevitabilmente, molto più giovane di lui e dalle forme abbondanti. Al suo opposto si colloca il personaggio del vecchio nostalgico comunista, anche fisicamente somigliante a Tito, che depreca il nuovo ordine mondiale succeduto alla caduta del Muro di Berlino. Sono personaggi che rappresentano un mondo variegato, un’autentica polveriera, proprio come nell’omonimo film di Goran Paskaljevic, pronta a esplodere. L’analisi fatta da Tanović sulle origine degli eventi che hanno portato al conflitto, che ha visto contrapporsi persone che fino al giorno prima convivevano pacificamente, non è dissimile da quella del Kustirica di Underground. Sono questioni antiche e mai risolte, conflitti che sono rimasti troppo a lungo latenti. La coesione sembra essere stata dettata dal comune ideale antifascista, maturato durante la grande guerra. Un sentimento nazionale che ha funzionato come cemento e che ora si sta sgretolando. In due occasioni, nel film, il regista ricorda questa eredità: la via dove si trova l’appartamento, oggetto della contesa, è dedicata alle vittime del fascismo e in un momento si allude al cimitero dei partigiani della città.
Quello che succede in Cirkus Columbia è lo smembramento di un’identità nazionale tenuta insieme in modo forzato. E nell’anima del ragazzo protagonista si riflette questa spaccatura che ha origini antiche: il padre biologico appartiene a una fazione, mentre l’uomo che gli ha fatto da padre di fatto, all’altra. Gli affetti e il sentimento finiscono per orientare la sua scelta di campo. Tanović riesce così a fornirci una rappresentazione del tutto verosimile di come sia stato possibile un massacro che ha contrapposto fratello contro fratello.
A cura di Giampiero Raganelli
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