Sotto quel cielo
Berlino, giorno 5
Un pallido sole aveva scaldato la domenica berlinese. Una promessa di giorni migliori, almeno per la temperatura, che puntualmente è stata disattesa. Al risveglio del lunedì, il cielo sopra Berlino era “grigio Wenders” e il cappotto più pesante non poteva bastare a contenere il freddo. Meglio chiudersi dentro a un cinema e godersi il tepore di un film austriaco, Der Räbuer, che racconta la vita di un maratoneta dedito alle rapine in banca. Buona partenza, ma nella seconda parte il corridore non riesce a spezzare il fiato, arrancando fino alla fine. E mentre fuori la temperatura continuava a scendere, il cuore degli spettatori è stato scaldato dal secondo film in concorso En ganske snill man (A somewhat Gentle Man) del regista norvegese Hans Petter Moland, con uno strepitoso Stellan Skarsgåd. Commedia nera molto divertente che riflette su questi strani tempi, attraverso lo sguardo di un ex galeotto dai modi terribilmente gentili. Molte risate, nonostante la cappa continua di una tragedia in arrivo, anche grazie all’interpretazione di Skarsgåd che si candida senza dubbi al premio per il miglior attore.
Fuori dalle porte del Palast, una timida neve cercava di fare capolino su quei marciapiedi ghiacciati che tanti brividi hanno regalato agli spettatori in ritardo verso le proiezioni, ma per fortuna è durata poco, giusto il tempo di approfondire una riflessione guardando fuori dalla finestra. Oggi anno a Berlino è possibile trovare un filo conduttore tra i film mostrati, come se ci fosse una sorta di sottotesto utilizzato dai selezionatori. Se due anni fa si trattava del tema dell’elaborazione del lutto, lo scorso anno della condizione femminile, quest’anno molti film hanno in comune la reazione alla crisi economica, sociale, emotiva, familiare di questi strani tempi, appunto, che stiamo vivendo.
Vediamo se abbiamo ragione. Corriamo, stando attenti al ghiaccio sui marciapiedi assassini, verso la proiezione di Caterpillar di Koji Wakamatsu, ambientato nel Giappone rurale del 1940. Sebbene a prima vista non sembri, in effetti anche qui è possibile ritrovare le tracce della crisi odierna, interrogandosi su come la guerra possa modificare anche le persone che non vi partecipano. Forte, intenso e difficile da digerire, il film racconta di un eroe di guerra tornato dal fronte della Seconda guerra tra Cina e Giappone senza gambe, braccia e uso della parola. Il villaggio lo venera per il suo coraggio, la moglie lo teme e lui continua a vivere in una condizione, quasi animalesca, mosso dagli istinti primari. Al termine della proiezione il pubblico è rimasto immobile e senza parole. Aria di premio?
E mentre sono ormai lontani i vari DiCaprio e Brosnam, il Festival cerca di “sopravvivere” senza i grandi divi. Nella sezione Panorama ieri erano presenti due film americani, rispettivamente Father of Invention con Kevin Spacey e Heather Grahm, e Welcome to the Rileys con James Gandolfini e Kristen Stewart in un ruolo inedito per la “Bella” di Twilight: prostituta sedicenne. Entrambi titoli di discreto livello, molto sundanciani, che hanno le stesse chance sia di essere distribuiti, sia di far parte de I Dispersi 4. Nessuno dei divi era presente alle conferenze stampa, lasciandoci con l’amaro in bocca, soprattutto perché avremmo voluto chiedere alla Stewart se si fosse portata il suo personale lupo mannaro (che in Twilight hanno una temperatura corporea ben sopra di 40°), nella speranza che ce lo prestasse per sopportare meglio il freddo.
A cura di Sara Sagrati
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