Sotto quel cielo
Berlino, giorno 4
E se i Festival fossero morti? Un a provocazione, certo, ma dopo la visione di Greenberg e della relativa conferenza stampa, i dubbi diventano più che legittimi. Il film è il classico lavoro ben confenzionato e ben recitato che ci aspetteremmo di vedere premiato al Sundance. Un registra e scrittore newyorchese indipendente come Noha Baumbach, già collaboratore di Wes Anderson. Un divo da commedia come Ben Stiller nel ruolo di un quarantenne in crisi con problemi emotivi. Una giovane bionda dall’aria simile a Kate Winslet e il volto più riconoscibile della commedia inglese. Aggiungici un cane e il gioco è fatto. Una volta questi trucchetti funzionavano, ora il pubblico dei festival è più abituato e non ci casca più. Possibile vedere un film del genere in concorso? Che lo abbiano fatto solo per avere un divo della portata di Ben Stiller? Purtroppo durante la conferenza stampa non è nemmeno stato all’altezza della sua verve, facendosi rubare tutte le battute migliori dall’amico e regista Baumbach e continuando a ripetere: “E’ stato molto bello lavorare con Noha e il cast”. Per fortuna il super british Ryhs Ifans (Notting Hill) gli era accanto, riuscendo a strappare più di un sorriso.
Per fortuna, il Festival ha dimostrato di essere ancora vivo e vegeto, mostrando qualcosa di nuovo. Grandi applausi per Exit Through the Gift Shop, documentario diretto da Bansky, la firma più quotata della Street Art contemporanea. Purtroppo fuori concorso, non osiamo immaginare quanto sarebbe piaciuto un lavoro del genere, probabilmente un mockumentary (falso documentario), ma forse no, al presidente della giuria Werner Hertzog. Il film segue un uomo che voleva fare un documentario su Bansky finendo per diventare lui stesso il soggetto raccontato. Il personaggio in questione si chiama Therry, nome d’arte MBW (Mr. Brain Wash), e subito dopo il film c’è stata una corsa verso le postazioni internet per verificare la sua reale esistenza. Una ricompensa a chi sarà in grado di fornirci informazioni.
Per gli italiani poi questo festival è decisamente vivo e lotta insieme a noi. Fuori concorso è stato presentato Cosa voglio di più, la nuova fatica di Silvio Soldini, che torna a Milano per raccontare una storia di passione extraconiugale. Purtroppo il film, molto atteso da tutti i connazionali, non convince fino in fondo, mentre lo fanno le interpretazioni di tutti gli attori, dai protagonisti Favino e Rohrwacher, da Battiston alla Saponangelo, fino a Gigio Alberto. Le famigerate scene di sesso bollente tra gli interpreti principali ci sono e sono molto ben girate, esplicite e mai volgari, eppure è come se al film mancasse un ingrediente. Sarà forse il tema scelto, o forse la flebile trama, ma alla fine, nonostante racconti una condizione molto comune, non si entra mai davvero nei panni dei due coniugi infedeli e la noia la fa da padrona, soprattutto nella seconda parte. Meglio, e chi scrive non crede alle proprie parole, meglio appunto Mine vaganti di Ferzan Özpetec. Presentato nella sezione Panorama, racconta di una famiglia bene di pastai imprenditori nella Lecce contemporanea, assillata dalle convenzioni sociali e alle prese con il coming out fatto dal figlio maggiorie “scagliato” durante una cena. Il più sorpreso è il figlio minore, Tommaso, anch’egli gay e anch’egli volenteroso di poter vivere la sua condizione liberamente. Tra alti e bassi, il registro scelto a Ferzan, finalmente la commedia e l’autoironia, è assolutamente vincente, nonostante il brutto finale. Attenzione alle interpretazioni: Nicole Grimaudo e Alessandro Preziosi promossi a pieni voti, peggio Riccardo Scamarcio che va poco oltre la sufficienza. Il pubblico in sala, molti gli italiani, ha riso e applaudito… che diventi sorpresa della stagione? Se così sarà, allora sarà evidente che i Festival non sono morti.
A cura di Sara Sagrati
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