Telefilm Festival 2009
C’è aria di crisi anche nel mondo dei telefilm? Gli organizzatori del telefilm Festival di Milano, giunto quest’anno alla settima edizione, giurano di si. Voi per gli effetti dello sciopero degli sceneggiatori che ancora si fanno sentire, vuoi per la crisi economica.
E in effetti la crisi c’è e si vede.
Meno gadget, meno sponsor, meno anteprime. Il programma quest’anno langue e per chi si tiene aggiornato sulle uscite dei nuovi pilota, sulle nuove serie e sulle miniserie, provenienti soprattutto dagli USA, è difficile trovare qualche cosa di nuovo qui al cinema Apollo di Milano, dove si è appena conclusa la seconda giornata del Festival.
Allora meglio buttarsi sui nuovi mondi e provare a dare un’occhiata alle proposte provenienti da Egitto e India. Nella mattina, infatti, si è potuto assistere alle anteprime di Coiffeur Ashwaq, sit com egiziana, e di Dharam Veer serie indiana prodotta a Bollywood. Nel primo caso si tratta delle vicende della famiglia del parrucchiere Ashwaq, che sebbene ricordi le vecchie serie americane dei primi anni ’70, per povertà di scenografia e puerilità della scrittura, mostra un’interessante punto di vista sulla quotidianità di una società così tanto diversa dalla nostra, sebbene anche altrettanto simile. Difficile non trovare naif la messa in scena e la scelta delle situazioni narrate, ma altrettanto sorprendente è vedere quanto sia centrale il ruolo delle donne, quasi mai col velo, nonostante sia evidente la cultura mussulmana dei protagonisti. Certo non coinvolgente, sicuramente non rispondente ai nostri canoni di entertainment, ma sicuramente interessante.
Discorso diverso invece per la serie indiana. L’intento è quello di mostrare il nonsense della divisione in caste, attraverso la storia di due principi del 13° secolo: Dharam vero figlio del re, e Veere, novello Mosè salvato dalle acque dalla sorella del re. Serie cult in India, girata in lingua indù e che soffre di una messa in scena fin troppo approssimativa, con pietre pesanti che sembrano leggere come piume, e un commento musicale davvero troppo presente, senza neanche un tipico balletto bollywoodiano. Più degno del Guerre Stellari turco, piuttosto che di Mr. India, ce l’abbiamo messa tutta a farcelo piacere, ma alla fine ha vinto il nostro sguardo occidentocentrico e abbiamo finito per ridere dell’enfasi di certe scene di lotta.
Dopo la full immersion nei nuovi mondi, proprio mentre nella sala a fianco i bambini impazzivano per Il Mondo di Patti, la Hanna Montana latina, è stata presentata l’anteprima più attesa del Festival, ovvero la prima assoluta della nuova serie
Grande successo di pubblico per la tavola rotonda dal titolo Tatoo, ergo sum in occasione della proiezione di episodi delle serie Miami Ink e LA Ink. Ospiti del calibro di Syria, Omar Pedrini e Jane Alexander, insieme a tatuatori professionisti all’opera sul palco, hanno raccontato le loro storie di fronte alla platea più folta e calorosa della giornata. Sintomo di quanto l’edizione in corso non presentasse succulenti appuntamenti per i fan.
Poveri di gadget e di momenti da fan, gli habitué del festival si aggiravano nei corridoi e tra le sale del cinema Apollo vestendo con fierezza i borselli di Chuck, One Three Hill e Gossip Girl, conquistati lo scorso anno, riconoscendosi e scambiandosi occhiate di comprensione. Divertente come sempre il grande scontro tra Subfactory, fornitore ufficiale del festival per i sottotitoli, e Itasa, fornitore ufficiale dei sottotitoli de I Dispersi di Hideout. Tra boo in sala e occhiatacce nei corridoi, le due fazioni si incontrano ogni anno al festival con aria di baldanzosa sfida. Inutile dire per chi fa il tifo Hideout, tanto che la serata non è continuata in sala a vedere l’episodio finale di ER o lammaratona dei film di X-Files, bensì a cena tra fajitas e sangria con i ragazzacci di Itasa. Dimostrando che i Festival sono fatti anche per questo: conoscere, conoscersi e scambiarsi esperienze.
Link Correlati
• Guerre Stellari Turco e Mr. India
• Non pensarci
A cura di Sara Sagrati
festival ::