Venezia. Sembra ieri
3 settembre
È vero che il festival è un’occasione. È vero, come dice Mereghetti, che i film da festival hanno o dovrebbero avere l’ambizione, la voglia di superare i limiti – creativi, produttivi, commerciali – per misurarsi con qualcosa che non sia scontato. È vero, ma ieri la pazienza dello spettatore possibilista che è dentro di me è cessata di esistere. Oggi penso che ieri avrei dovuto lasciare la sala già dopo mezz’ora dall’inizio di Nuit de chien di Werner Schroeter. Ieri, il film l’ho visto tutto per non rimproverarmi qualcosa, oggi. Per me resta un film da cani, pretestuoso, innocuo, gratuito. Il lato positivo della cosa è che, ne sono convinto, guardando il brutto apprezzo di più il bello. (Per capirci. Nella scala di valori relativa ai film di questa Mostra, seguendo alcune considerazioni sempre di Mereghetti che condivido, si trova, da una parte, Plastic City, che prova a stupire ma si sgretola gradualmente, dall’altra, Teza di Gerima e Vegas di Naderi, che si rivelano un mix affascinante di sperimentazione e bellezza artistica).
Comunque. Prima di essere asfaltato dall’immondizia assemblata da chi viene chiamato maestro (in sala, nel frattempo, si giravano Fuga dal PalaLido e Flatulenze, due classici da cineteca ispirati al film del tedesco), la mattinata di ieri è cominciata con l’impresa visiva di Paper Soldier del russo Aleksei German jr. La corsa allo spazio è usata come pretesto per raccontare la società, o meglio, la mentalità e l’ideologia della società russa dell’inizio degli anni sessanta. Un racconto gelido, senza respiro, fatto di incomunicabilità e repressioni, dall’andatura inevitabilmente lenta, triste, pessimista. Un film coraggioso che non lascia poche perplessità, ma che ha, comunque, il merito di restare onesto nei confronti dello spettatore. Mancano sesso, droga e rock n’roll nei film scoperti alla Mostra e lo ricorda pure Broken Lines di Sallie Aprahamian, qui all’esordio, che preferisce puntare lo sguardo sul rimorso, il peccato, il senso di responsabilità, i desideri e le sensazioni che spingono le persone ad amare o lasciare. Un film interessante che potrebbe anche trovare una distribuzione italiana, qui presentato all’interno della Settimana della critica.
Il pomeriggio di ieri, invece, ha regalato l’allucinante viaggio di The Visitor del finlandese Valkeapaa inserito nella Settimana della critica. È curioso notare come, anche qui, a fare da tramite con il mondo degli adulti, ideale ponte di finzione e realtà, è la storia di un figlio. Il film finlandese è duro, a tratti incomprensibile o semplicemente molto complesso, allegorico e metafisico. Resta un’esperienza forte, agghiacciante che mescola onirismo, visionarietà e limiti dell’estremo.
Oggi, mentre mi avvicinavo nuovamente alla sala, ho pensato a ieri sera, al film d’animazione di Mamoru Oshii, Sky Crawlers, presentato in concorso. Nonostante l’entusiasmo iniziale, le aspettative alte, un cane che era uguale al mio, e l’idea di essere dentro a un realismo allucinante, la nuova creazione dell’autore di Ghost in The Shell e The Amazing Lives of the Fast Food ha lasciato diverse perplessità. Secco, distante, anche un po’ scontato, Sky Crawlers vede precipitare rapidamente le intenzioni positive legate al rapporto tra coraggio e spettacolarizzazione, oppure tra ignoto e sacrificio.
Due consapevolezze. È un festival intimo (che esamina tristezze, depressioni, fallimenti, …). È un festival che si interroga sul peso della responsabilità (tra amanti, tra genitori e figli, …).
Chi sale e chi scende
Up
Uno. Sezioni collaterali. Anche quest’anno si rivelano scrigni che contengono preziosismi che qui alla Mostra fanno parlare. E il chiacchierar non nuoce se poi li ritroviamo nelle sale (Pa-ra-da, Kabuli Kid, Goodbye Solo, Stella, Broken Lines, Pranzo di Ferragosto, l’amica mia dice Below Sea Level).
Due. Programmare la giornata. Studiare il programma e, immancabilmente e inevitabilmente, cambiarlo.
Tre. Ripensare ai film. A sangue freddo, con la distanza già tirata in ballo nei giorni passati, il film lievita o si sgonfia. Vegas è lievitato, Inju si è sgonfiato. Ulteriormente.
Down
Uno. Chi dice “ti è piaciuto?” cinque secondi dopo l’inizio dei primi titoli di coda. Aiuto!
Due. Chi si alza dal tavolo della colazione dopo aver ascoltato una chiacchierata sul porno underground messicano e successiva aneddotica su Rocco Siffredi. Pudicizia (?).
Tre. I conflitti moralcinematografici senza risposta.
A cura di Matteo Mazza
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