Venezia, Violet Hill
27 agosto
Comodo, comodissimo spostarsi al Lido in macchina: le faticose biciclettate dell’anno scorso sono roba passata, quest’anno siamo un anno più vecchi.
Entrati nel vialone verso il palazzo del Casinò abbiamo ri trovato la statua che ci aveva così colpito ad aprile. Quella stessa opera d’arte ci ha salutato qui a Venezia e non voglio chiedermi cosa significa, solo poterne sorridere.
Violet Hill come il videoclip della canzone dei Coldplay girato da Asa Mader: Venezia come un vulcano spento, calda, che ribolle sotto una superficie di sassi e terra. Tanto che ieri abbiamo optato per la passerella al posto di sala stampa e sala cinematografica: domenticandomi che avrei potuto incrociare i fratelli Coen, mi sono intrufolata tra ragazzi e signore urlanti, ed è proprio vero che forse non importa che cosa, importa solo vedere.
“Chi se ne frega” è stata la risposta di un giovane alla nostra mondana curiosità, “È già passata Angelina Jolie?”. E all’altra domanda più seria, “Mi scusi, i Coen sono passati?”, un addetto alla sicurezza ci ha risposto “Chi?”.
E poi così, senza nemmeno accorgersene, e senza che abbia un vero significato, ti appare davanti, alta e bianchissima, Tilda Swinton. Per poi scoprire in tv alla notte che molto probabilmente lì a due passi, coperto dalla folla di teste, transitava uno dei Coen. Non so chi dei due, li confondo sempre.
Ieri due film, Landscape No. 2 dello sloveno Möderndorfer e il film in concorso tedesco Jerichow di Petzold. Stamattina levataccia per vedere Burnign after reading dei Coen. Il vulcano è ancora addormentato.
A cura di Francesca Bertazzoni
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