Sotto quel cielo
Berlino, 7 febbraio
Il vento del cambiamento. Wind of change cantavano gli Scorpions a proposito della città degli angeli di Wim Wenders. A Berlino si respira quel vento che in certi giorni, come è stato oggi, si tratta pure di un vento gelido.
In una città che cambia, si divide, si riunisce e che da oltre 15 anni è in continua evoluzione sociale e architettonica, c’è qualcosa che persiste da 58 edizioni: il Festival Internazionale del Cinema.
7 febbraio 2008, Potsdamer Platz, Berlino: inizia ufficialmente la 58° edizione della Berlinale e, per la prima volta, anche io sono qui.
Giornata plumbea e vento gelido, appunto. Alle 10.30 è prevista la conferenza stampa della giuria e i primi giornalisti si riversano al palazzo del cinema. I curiosi cominciano a sbirciare ogni porta e ogni angolo in cerca di star e facce note. Mentre finiscono i lavori di rifinitura intorno al tappeto rosso, le macchine scure cominciano a circolare intorno a luoghi del festival.
L’organizzazione sembra impeccabile e paludata e al ritiro dell’accredito chiedo alcune informazioni. “Tutto come l’anno scorso”, mi rispondono. “È la mia prima volta”, dico io.
Un sorriso gentile e allo stesso tempo materno appare nel volto della ragazza dietro al desk, che mi accoglie come fossi un cucciolo smarrito e mi spiega dove trovare cosa.
Sebbene tutto funzioni come in una catena di montaggio, mi sarei aspettata un’atmosfera più… come dire… tedesca. Nessun intoppo, ma nemmeno troppa rigidità. Sarà il vento del cambiamento?
In conferenza stampa le domande sono molte, soprattutto a Diane Kruger, al presidente Costa-Gavras, e all’attrice taiwanese Shu Qi. Vorrei chiedere a Walter Murch di sposarmi, ma credo non sembrerei molto professionale nella mia prima partecipazione al Festival.
Con accredito al collo e prima conferenza alle spalle, mi sento già un habituée e senza neanche guardare la cartina mi dirigo al Cinemaxx dove si tiene la prima proiezione: Shine a Light di Martin Scorsese, documentario/concerto dei Rolling Stones. Mica male come battesimo!
La sala però è piena: “Ci scusiamo, non ci aspettavamo così tanta partecipazione. Comunque ci sarà una proiezione aggiuntiva tra un quarto d’ora alla sala 9”. Incredibile: non saranno rigidi, ma che professionalità. Ci accomodiamo e in breve tempo anche la sala 9 è del tutto esaurita.
Shine a light è per appassionati delle Pietre Rotolanti: concerto di quasi due ore con una breve introduzione sul backstage, una presentazione di Bill Clinton e interviste di repertorio. Il grande maestro newyorkese mostra la sua arte con alcune inquadrature decisamente cinematografiche e un finale che fa salire in alto (letteralmente). Niente di rivoluzionario per il cinema, ma la grinta dei vecchi leoni è contagiosa e la loro popolarità, al servizio del festival, è alle stelle.
La conferenza stampa infatti è esaurita in ogni ordine di posti oltre un’ora prima del suo inizio. A decine affollano i maxi schermi sparsi intorno al palazzo per vedere i quattro cattivi del rock in compagnia del “bravo ragazzo”. Le macchine si avvicinino e uno ad uno arrivano Charlie Watts, Ronnie Wood, Keith Richards, Mick Jagger e Martin Scorsese, mentre molte guardie tengono a bada fans e giornalisti rimasti fuori.
Delusa per non essere riuscita ad avvicinarmi a Mick, Keith e allo Zio Martin, mi attardo di fronte ad uno schermo ascoltando giornalisti provenienti da tutto il mondo fare domande sui rapporti tra musica e cinema. Parlano per oltre 40 minuti e alla fine, grazie a qualche fuoriuscito, riesco addirittura ad entrare in conferenza stampa: gente in piedi, altri sono seduti per terra, persone che si accalcano e anch’io sono lì con loro. Di fronte a me 5 persone che hanno cambiato la storia della musica e del cinema. E proprio mentre realizzo che davvero anch’io io sono lì con loro, la conferenza finisce e tutti spariscono in 5 nano secondi.
Scorsese e gli Stones riappariranno alle 21.00 sul tappeto rosso per l’inaugurazione ufficiale. Parte dunque un festival che sulla carta suscita più di un interesse cinefilo. Per 5 giorni ci sarò anch’io a raccontare quello che succede intorno a me, tutto così nuovo. Allo stesso tempo così lontano, così vicino.
A cura di Sara Sagrati
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