Peter Gabriel
Sledgehammer
Canzone: Sledgehammer
Regia: Stephen R. Johnson
Artista: Peter Gabriel
Album: So
Anno: 1986
È la genesi dell’uomo nuovo: lo spermatozoo, la cellula, il sangue che scorre nelle vene, le pupille che si dilatano e si contraggono, la pelle fotografata così da vicino da mostrare minuscoli pori.
Non è un individuo qualsiasi: è una star, un’icona, sta fra l’umano e il divino. Può trasformarsi in qualsiasi elemento voglia essere: pesce, frutta, pollo.
L’uomo è ormai demiurgo di se stesso e si plasma a immagine e somiglianza di qualsiasi altra creatura. Addirittura, rielabora la storia artistica e scientifica dell’umanità in un pastiche che mette insieme Arcimboldo e Méliès, la ricerca sui microorganismi e l’arte contemporanea.
Solo un indizio lascia intuire una presenza esterna all’uomo-demiurgo onnipotente: Peter Gabriel non è mai Peter Gabriel, il suo corpo non è solo un elemento in trasformazione nel flusso panico che coinvolge tutte le creature.
Qualcuno manipola il modo in cui muove gli occhi, la bocca, le braccia, fino a trasformarlo in un pupazzo di plastilina.
La mano invisibile è quella dell’amore (o semplicemente del desiderio) che Peter Gabriel canta come la stessa gli permette – Build up the power, I’ve been feeding the rythm.
Perdere la testa per amore come un pollo? No, grazie.
Meglio rifarsi da zero, nascere dalle stelle e ritornare nelle stelle.
Far assumere al proprio corpo tutte le sembianze possibili. I’ll be anything you need.
A cura di Fabia Abati
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