Radiohead – Karma Police
Artista: Radiohead
Brano: Karma Police
Album: Ok computer
Regia: Jonathan Glazer
Anno: 1997
Necessaria paura dell’estraneo.
Decisamente impossibile non provarla.
La luce della paura ha sopperito la voglia di conoscerla.
Necessaria è l’altra paura, quella della morte.
Jonathan Glazer lo sa bene, conosce l’identità che la canzone sottende, e la racconta in questo immaginario videoclip.
America, 1997, Falls City, Nebraska
“John ieri era depresso, ha camminato tutto il giorno”
“Dov’è ora?”
“È andato a comprare i fiammiferi?”
“Tu pensi che sia depresso?”
“No, ma da quando è nato Thom ha degli atteggiamenti strani. Parla poco, e lo tocca continuamente quando dorme, come preso dalla paura che non respiri. E poi esce sempre prima di mangiare. O sta fuori seduto sulla veranda. Non l’ha mai fatto”.
“Quindi pensi sia depresso?”
“John? Non ha avuto mai “quei” pensieri. Ha sempre lavorato al distretto. Ma da quando c’è stata quella rissa con la ragazza rasata. Da quel giorno sembra un po’ diverso”.
“Perché?”
“Dice di non capire delle cose”.
“Bè, forse la storia della macchina costosa bruciata in fondo alla strada dello Stanton Lake park”.
“Secondo me, ha semplicemente paura di qualcosa che non mi può raccontare. O il lavoro che va male. Non lo so. Non ti capita mai di non voler raccontare un sogno perché hai paura che te lo spieghino? E tu non vuoi assolutamente essere analizzato?”.
“Non lo so, non ci ho mai pensato. Guarda, sta tornando a casa John”.
“Ora? Ma è tutto sudato.. John, ma che hai fatto?”.
“Dov’è Thom?”
“È nella culla, di sopra, John? Ma che hai?”
“Niente”.
”Bridget, perché è corso di sopra?”
“Penso sia andato da Thom.”
“Era bianco in faccia, ha preso un colpo di freddo?”
“Forse”.
Il regista Jonathan Glazer
La magia evocativa di Glazer è evidente: l’uso che fa delle tecnologie come evento imprevedibile (epifanico) lo pone come avanguardia sia di Hollywood e dei loro Blockbusters, sia come icona anticipatrice del prodotto ”videoclip”. Videoclip come cortometraggio, con tematiche sempre differenti (diversamente da Cunnigham, il suo percorso estetico non riprende i soliti feticci, ma si rifà ad un atteggiamento feticista della rappresentazione). Unico suo leit motiv evidente è l’innovazione attraverso alcuni effetti visivi (che ora sarebbero identificati con la parola “digitale”) che esprimono una dose di suspense e di immaginifico. Sorprende la sua aderenza ad una semi-realtà, dettata dalla strana e magica capacità di muovere le cose in un ordine diverso da quello che si crede (il tappeto di Virtual Insanity, la macchina degli Unkle, il momento fermato in Street Spirit, le pubblicità con i cavalli che fanno surf).
Insomma, un piccolo mago che cambia l’ordine delle cose perché le conosce veramente.
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