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cultura dell'immagine e della parola

The End of the World – The Cure

Brano: The End of the World
Gruppo: The Cure
Album: The Cure
Regista: Flora Sigismondi
Etichetta: Geffen Records
Uscita: 2004

Entropia e catarsi si (con)fondono nell’ultimo video di Flora Sigismondi, la sciamana del videoclip allucinatorio. Tra le sue grinfie, questa volta, non un gruppo qualunque, ma proprio loro, i folletti dark di Robert Smith, fondatori della musicalità geneticamente forse più compatibile con il suo repertorio visionario.
Personaggi, azioni e ambientazioni sgocciolano sotto l’effetto di ripresa e montaggio del freeze-frames, sono oggetti-attori che reagiscono tra loro come composti chimici: respinta, fusione, reazione esplosiva, sbriciolamento e ricomposizione. L’ordine dell’universo si perde e si ricrea.

La sensazione di fronte al video è proprio questa: i Cure sembrano ingredienti naturali sospesi nella sfera di cristallo di Flora. Con un intreccio ombelicale, musica e immagini sembrano provenire da un patrimonio genetico affine. Il video infatti è un omaggio al dark, un incatesimo compiuto dalla strega più esperta in formule di magia nera. La loro musica rappresenta quindi lo strumento che procede, parallela all’immagine, al disfacimento formale e simbolico del testo. La tecnica di ripresa frantuma i fotogrammi, li congela e li giustappone freneticamente a rappresentare un processo vitale invisibile: la morte e la rinascita del mondo.
E’ l’apocalisse, o forse no.
E’ buio, non si vede, e quando è buio in genere nemmeno si pensa.
“Cazzate…”, direbbero i Cure. Il buio per loro è come una sfida all’occhio nascosto dietro l’iride.
Poi la luce si spande ma il colore non distingue chiaramente l’inganno.

Un dark attraverso cui guardare, più che un dark che blocca la vista, un processo di purificazione, e non un manifesto nichilista. Certo è che la disgregazione fisica è insita in tutto, dalla tazza di caffe, all’architettura complessa, dalle foglie di una pianta, agli organi umani. Le molecole rompono i legami, sciolgono la materia, ma presto concimano le macerie per ripopolare ciclicamente un mondo che guarda la luce e resta abbagliato.

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