La luce della giustizia
Lui è un sostituto procuratore incaricato di portare a termine il processo contro il Mostro, un criminale accusato di atroci crimini di guerra. Tra scoperte di fosse comuni e attentati ai rappresentanti della giustizia, il Mostro mantiene un atteggiamento di calma irreale, dettato dalla consapevolezza di essere stato il “potere” e di aver potuto decidere della vita di moltissime persone. Il curriculum del Mostro è orrendamente ricco di particolari e ora Lui dovrà esporli davanti al Tribunale Internazionale, per permettere che il colpevole sia giustamente punito.
L’ultimo romanzo di Tullio Avoledo, Tre sono le cose misteriose, si concentra sulla vita del sostituto procuratore nei giorni che precedono il processo, sottolineando i possibili risvolti che un incarico di tale responsabilità può determinare sulla quotidianità famigliare di un uomo. Apparentemente la vita di Lui, giovane americano che ha fatto una velocissima carriera nel mondo della giustizia militare, è perfetta: una moglie italiana affascinante, un figlio adottivo intelligentissimo e un ottimo stipendio. Ma il Mostro minaccia chiunque provi a combatterlo, e di conseguenza Lui vive perennemente monitorato da guardie del corpo, con l’ansia di poter subire improvvisamente un attentato. Nei giorni che precedono il processo decide di concedersi una pausa, di allentare la tensione, e chiede alle guardie e alla moglie di essere lasciato solo con il figlio. I momenti trascorsi insieme al piccolo Adam, bimbo colombiano adottato, permetteranno a Lui di affrontare le sue più grandi paure e di prepararsi psicologicamente ad affrontare il Mostro al processo.
Progressivamente i ruoli di padre e di figlio si invertono e sarà proprio Adam a proporsi al padre come maestro. Con la spontaneità e le paure tipiche dei bambini, riuscirà a far capire a Lui l’importanza della sua missione. Perché le vittime del Mostro, come i soldati uccisi nei videogame con cui gioca Adam, scompaiono sottoterra; ma non rimangono muti come i morti virtuali, anzi, sono chiamati a testimoniare la colpevolezza dei loro carnefici. Ed è proprio Lui a dover fare da amplificatore al grido di condanna lanciato dalle vittime. Un compito arduo, soprattutto per il fatto che Lui sarà costretto ad affrontarlo da solo. A differenza di Adam che può contare sul sostegno delle rotelle mentre pedala sulla bicicletta, Lui non avrà nessun ausilio, perché le sue rotelle (l’amico procuratore capo Nathan che conduceva l’accusa), sono state strappate da un kamikaze mandato dal Mostro.
Barcollando nelle tenebre dei massacri il protagonista dovrà trovare la luce, senza tentare inutilmente di adattare gli occhi all’oscurità. L’idea di vedere nel buio era l’ossessione del padre di Lui, un reduce del Vietnam, che nel tentativo di insegnare quest’arte al figlio finisce invece per mostrargli gli orrori e le conseguenze della guerra. Reagendo a questo trauma infantile, Lui cercherà in ogni modo di andare verso la verità e di fare in modo che il Mostro delle tenebre sia punito.
Un romanzo molto particolare, che grazie a un linguaggio veloce e accattivante non cade nella trappola della scrittura di genere, pur trattando un tema classico del Giallo: il processo. All’autore non interessano i verbali e gli atti processuali, ma la psicologia dei personaggi, analizzati con precisione nelle infinite pieghe della loro mente. Emblematica a proposito la scelta di lasciare fuori campo lo svolgimento del processo, e soprattutto il suo esito, confermando anche nel finale il significato del titolo. Di fronte ai misteri della vita non ci si deve adattare, ma provare a risolverli, anche a costo di accendere la luce e di scoprirsi improvvisamente umani e non mostruosi.
Tullio Avoledo è nato nel 1957 a Valvasone, in Friuli. Attualmente vive a Pordenone, dove lavora presso l’ufficio legale di una banca. Ha scritto tre romanzi: L’elenco telefonico di Atlantide (Sironi, 2003; rist. Einaudi, 2005), Mare di Bering (Sironi, 2003; rist. Einaudi, 2004), Lo stato dell’unione (Sironi, 2005).
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