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A Personal Journey Through Martin Scorsese’s Movies parte III

TORO SCATENATO
Sotto il segno della violenza

Durante le riprese del capolavoro “Taxi driver” De Niro parlò a Marty Scorsese dell’autobiografia di Jake La Motta. Il cineasta si mostrò subito interessato. Difficilmente sarebbe potuto non essere così. Nelle vicende del pugile vi sono in filigrana molte ossessioni del regista di Flushing. Il desiderio di emergere in un mondo caratterizzato dalla prepotenza. L’italoamericanità dei protagonisti. La violenza come unico modo di comunicazione. “Il tema fondamentale del film è la sopravvivenza(…) La sopravvivenza su un ring. Combattimenti regolari non ne esistono. Ho visto abbastanza combattimenti per esserne convinto. Voglio mostrare come un pugile impara a dominare l’odio e la violenza, come tenta di diventare un essere umano al di fuori del ring, come tutto congiura per impedirgli di fermarsi.” dichiara Scorsese ad un anno circa dall’inizio delle riprese.
A produrre il progetto si mostrò interessato un produttore importante, anche se difficile come Dino De Laurentiis. Non se ne fece nulla. Finalmente alla fine dei ’70 il progetto riprese. A sceneggiarlo con Mardik Martin ci fu il fido Paul Schrader, con cui Scorsese continuava un sodalizio artistico intenso dai tempi di “Taxi driver”. Presente nella realizzazione della pellicola lo stesso Jake La Motta con il titolo non meglio precisato di “consulente”. D’altro canto soprattutto in America i film sulla boxe hanno una tradizione quantivamente alta. Ma “Toro scatenato” ne è comunque al di fuori per l’occhio personalissimo di Scorsese, il quale utilizza un bianco e nero raffinato, con forte profondità di campo. In certi punti si sarebbe tentati di chiamare in causa addirittura l’ espressionismo. L’ossessione cattolica del regista si esplicita in un epigrafe tratta dal vangelo di giovanni: “Essi dunque chiamarono per la seconda volta l’uomo che era stato cieco e gli dissero: dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quell’uomo è un peccatore. Egli rispose: S’egli sia un peccatore non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo”. Segnaliamo inoltre che nei dialoghi è presente un brano del monologo di Marlon Brando in “Fronte del porto” di Elia Kazan.

RE PER UNA NOTTE
Il fallimento del successo


L’origine del film economicamente più fallimentare di Scorsese è un soggetto di tale Paul D. Zimmerman, critico e giornalista di Newsweek. L’ispirazione è data da una puntata del “David Susskind Show” sui cacciatori di autografi e da un articolo di “Esquire” su un appassionato spettatore dei talk show televisivi che immagina di dialogare coi suoi idoli. Il progetto lascia perplesso Scorsese ma entusiasma De Niro. Inizialmente se ne interessò anche Milos Forman ma senza riuscire a concretizzare nulla. Sembrava poi che la realizzazione dovesse toccare a Michael Cimino, ma il colossale, rovinoso fallimento del capolavoro-catastrofe economica “I cancelli del cielo” rovinò la carriera dell’autore de “Il cacciatore”, impedendogli la partecipazione al progetto. Finalmente dunque nel 1981 il progetto ripassa nelle mani del comunque poco entusiasta Scorsese. Il produttore sarà Milchan, con il quale Scorsese non avrà buoni rapporti, per conto della 20th Century Fox.
In quest’opera comunque minore Scorsese inserisce uno dei suoi temi prediletti, presente anche in una pellicola così visceralmente diversa come “Toro scatenato”: la voglia di emergere in un mondo spietato, che qui assume toni di ossessione quasi patologoca, sia pure stemperata nei toni della commedia. Paradossalmente l’ossessione mentale del protagonista è resa in modo piano, linerare. Le tecniche narrative a tratti ricordano il linguaggio televisivo, con vasto utilizzo di campi medi e angolazioni non deformate. Come già accennato il film andò molto male, costringendo Scorsese ad un silenzio forzato di due anni.

… Continua

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