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cultura dell'immagine e della parola

Speciale su Harmony Korine parte II

New York, Millenovecentonovantadue.
Il regista-fotografo Larry Clark sta scattando foto in un parco. Fra i suoi soggetti c’è anche uno skater diciassettenne. I due si mettono a parlare di fotografia, di giovani e di cinema.
- Posso scrivere una sceneggiatura per te.- gli dice lo skater.

KIDS e KEN PARK
la parabola Korine – Larry Clark


Casper e Terry sono due adolescenti di strada. Parlano di sesso, rubano, pisciano per terra senza rispetto per nessuno. Si intreccia la storia Jenny: ha appena scoperta di avere l’Aids e di averlo preso da Terry, l’unico ragazzo con cui ha fatto sesso.
Sono il girovagare dei due protagonisti a riempire il film: fra scatti di violenza, droga, e sesso gelido Terry si lavora una nuova verginella. La porta ad una festa e riesce a convincerla a venire a letto con lui. Jenny arriva al party la mattina, distrutta. Trova Terry abbracciato alla sua nuova ragazza e collassa distrutta sul divano; Casper si sveglia e ne approfitta per scoparsela mentre tutti ancora dormono, ubriachi e strafatti.

- Larry Clark è un persona che mi è indifferente. E’ un porco che fa film solo per vedere la figa delle ragazzine.- Commenta acido Korine.
Se Kids da una parte mostra il nichilismo di Korine, il suo sguardo sul disagio e sul degrado, dall’ altro è un film dall’estetica classica. La diversa forma del film che probabilmente voleva dare il giovane sceneggiatore lo porta litigare violentemente con Clark tanto che Korine non lo riconoscerà mai come una sua opera. Il suo copione è glaciale e distaccato (incredibile per un diciassettenne) , il risultato leccato e pulito.
Grazie a Kids si comincia a parlare di lui come lo sceneggiatore più giovane accreditato nella storia del cinema e lui scrive un’altra adattamento su commissione per Clark. Si tratta di “Ken Park”, progetto che risulterà però troppo estremo e verrà accantonata per anni prima di essere realizzata e presentata al 59° festival di Venezia. Qui Larry Clark, in conferenza stampa, cerca di non dare grande importanza a Korine quando qualcuno gli chiede della loro collaborazione:
- Ken Park nasce dal mio lavoro di fotografo e dalle situazioni reali che ho osservato. Da questi ho creato i personaggi come si trattasse di film diversi. Harmony gli ha messi tutti insieme ma con difficoltà perché non sentiva i personaggi suoi, diceva di non conoscere nessuna ragazza che fa un pompino al padre del fidanzato. Erano caratteri lontani da lui, non come in “Kids” dove era tutto suo. Ha fatto una sola stesura e quando abbiamo girato abbiamo dovuto cambiare gran parte dei dialoghi. Tiffany (la protagonista, nonché attuale fidanzata di Clark) ha completamente ricostruito il personaggio di Peaches e anche il finale è stato cambiato.- Cosa che Korine non ha certo gradito, non volendone saper più nulla.
E’ innegabile che entrambi i cineasti basano la loro idea sul realismo ma i loro punti di contatto terminano qui.
- Voglio essere visivamente onesto- Afferma Clark – Se quando due persone fanno sesso io giro la camera, faccio un elisse narrativa insomma, non sono onesto. Volevo fare un film dove la camera non stacca, dove tutto è onesto e sincero perché tutto quello che vedi è realmente accaduto. Ho usato attori professionisti e non e li ho fatto interagire. Ognuno ha imparato qualcosa di nuovo sulla recitazione. -
Anche Korine lavorerà sia con attori e che con persone prese dalla strada ma la sua ossessione per il reale mo lo porterà ad un discorso estetico e drammatico completamente diverso. E lo farà con la sua prima regia, Gummo.

GUMMO
Il cinema: 24 fotogrammi al secondo di bugie.
Il realismo al cinema è una reazione da provocare.

Un tornado si è abbattuto sulla città si Xenia. Quello che resta è un accozzaglia di derelitti e case simili a discariche di rifiuti. Una dissonante colonna sonora Black Metal incolla sequenze impazzite senza nesso logico: a Xenia si ammazzano gatti per venderli a ristoranti cinesi in cambio di colla da sniffare, ragazze down si radono le sopracciglia fra tumori al seno e albine fans di Patrik Swarze.

Come fa notare Herzog, Korine usa il tornado per distruggere anche la forma narrativa e lasciar spazio alla sola forza delle immagine. Quello che ne esce è un film spiazzante e lontano da ogni schema, una sorta di miracolo nel clima cinematografico odierno.
-La fortuna è stata quella di essere protetto dal mio agente e di avere la produzione molto lontana.-
Certo, i problemi in produzione ci sono stati: quando parte del girato arrivò alla produzione questi decisero immediatamente di tagliare i fondi, accusando il giovane regista di usare tantissima pellicola per strane prove –Lasciatemi stare. Quelle scene sono il mio film.- Sul set aveva l’appoggio del direttore della fotografia che gli teneva alto il morale: – Fottitene di questa gente. Daremo fuoco a tutto. Resteremo io, te, una lampada e il tecnico del suono.-
-Mi piace: tutto questo è molto punk. – gli risponde Korine.
Lui, d’altronde, aveva un solo obbligo con i suoi produttori, quello che la pellicola non fosse vietato ai minori, dato che in america sono pochi i cinema che distribuiscono questi film e un opera così di nicchia si sarebbe tagliata le gambe da sola. Korine racconta che inizialmente il film era stato bollato per adulti e la commissione gli aveva consigliato di tagliarlo di modo da renderlo simile al linguaggio di Mtv.
- Non volevo renderlo vuoto di significati, come Trainspotting. – Alcune scene sono state accorciate, ma la commissione si rifiutava ancora di dare il visto. E qui il racconto di Korine diventa epico e ne approfitta per tirar fuori dal cilindro la sua immagine di Punk egocentrico:
- Quando sono andato in tribunale mi sono trovato davanti a persone che avevano più di 65 anni, tutti assomigliavano al vecchio Bush. Io per difendermi ho spiegato loro che se guardavano bene il film si rendevano conto che non c’erano scene di nudo e neanche tanta violenza, a parte qualche scena di tortura sugli animali. Mentre parlavo loro odiavo me stesso perchè dovevo spiegare le mie cose a quegli stronzi. Ma dovevo farlo. Pochi secondi e hanno votato tutti contro di me. Ho detto loro che tutto questo era illegale, che avrei chiamato i giornali. -
A questo punto Korine racconta di averne preso un membro della commissione parte e di avergli urlato in faccia:
- Ti pugnalo alla tua fottuta gola. Ti taglio la tua testa di merda perchè non sono un fottuto figlio di papà che sta alle regole del gioco. Non sono parte del sistema e il mio lavoro significa tutto. Se non posso mostrarlo agli altri non è un tradimento solo per me, lo è anche per tutte le persone che hanno lavorato al film e che hanno dato tutto loro stessi per la riuscita di Gummo.-
Il giorno seguente Korine ricevette una telefonata del suo agente che gli chiedeva se fosse impazzito ed aver minacciato la vita di una persona ma gli disse anche che il film ora non aveva più alcuna restrizione.

Anche girare il film non è stato semplice, soprattutto per il senso di sporcizia che nelle intenzioni del regista il film doveva trasudare. Per far questo pretendeva che si girasse in mezzo a escrementi e spazzatura di modo che il senso di marcio trasudasse da ogni fotogramma. Nessuno però voleva lavorare in quelle condizioni scarsamente igieniche:
–Quegli stronzi si sono rifiutati di girare come volevo. Abbiamo dovuto comprare delle tute bianche come se ci trovassimo di fronte ad una perdita di energia nucleare. Sono dei cacasotto.-
Solo il direttore della fotografia, Jean Yves Escoffer, non aveva paura e mentre tutti indossavano le loro tute bianche i due giravano in calzoncini e ciabatte da piscina. Korine parla volentieri dell’importanza di Escoffer all’interno della produzione tanto che ha girato una scena senza il regista: in un povero interno un gruppo di alcolizzati si sfida a braccio di ferro e dopo, non sapendo come utilizzare il loro tempo si divertono a lottare contro una sedia di ferro.
Korine, dopo aver impostato la scena e aver fornito la cinepresa di un microfono direzionale, è uscito dalla stanza e ha lasciato che tu si svolgesse naturalmente, senza nessuna regia.
Ha spento i monitor e si è andato a fare un giro.
Quello che intanto Escoffer stava catturato era violenza reale.
- C’è un punto di questa scena che mi ha colpito- commenta Herzog -è il momento di silenzio in cui si capisce che nessuno sa cosa deve fare; è una situazione che non può essere diretta.
- Quando ho guardato i giornalieri sono rimasto sorpreso perché Jean Yves ha realmente catturato la goffaggine e il triste silenzio di quel momento, E’ stato meraviglioso. –
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Korine racconta anche l’ultimo giorno di riprese: spiegando che nel copione era previsto un finale con la pioggia ma per tutti i giorni di riprese non si era vista una goccia d’acqua.
- Tutti i giorni sembrava che dovesse piovere ma non accadeva mai. E l’ultimo giorno finalmente, è arrivato un terribile acquazzone. -
In una giornata sono state girate la scena della piscina, il finale col ragazzo-coniglio nocchè le scene previste dal copione: la già citata lotta con la sedia e la sequenza che vede lo stesso regista che tenta di convincere un nano negro a fare l’amore con lui.
- Non assumo mai droghe quando lavoro, ma per quella scena volevo fare qualcosa di speciale, così mi sono ubriacato. Erano le due del mattino ed era l’ultima scena. C’era un silenzio profondo e tutti erano sconvolti perché cercavo di fare l’amore con un nano ed ero respinto. Il nano aveva una canottiera attillata e io gli sussurravo nell’orecchio che gli avrei dato 100 dollari se la toglieva ma lui non lo voleva fare. Così mi sono alzato in piedi e ho cominciato a saltare urlando “Abbiamo fatto un film, abbiamo finito il film, abbiamo girato un film originale”urlavo ed ero completamente fuori di me. Tutti applaudivano ed erano felici ma io non capivo niente. Mia sorella più piccola è venuta ad abbracciarmi e io l’ho spinta contro il muro. Poi ho preso un quadro e ho cominciato a correre e a spaccare tutte le finestre. E Chloe e altra gente hanno iniziato a piangere. Alla fine mi hanno preso e mi caricato in macchina. (…)Cercavi di arrivare a casa, ma poi ho cambiato idea: ho preso le forbici e ho cominciato a tagliarmi i peli pubici con i pantaloni abbassati, poi sono svenuto con la testa in una busta di plastica.-
Epici racconti a parte, sono altre le cose interessanti nel linguaggio e nella struttura di Gummo che si riverseranno, amplificate e sviluppate, nella sua seconda regia. Siamo di fronte a frammenti di realismo che arrivano da situazioni osservate e vissute ma ben lontane dal documentario o dal DocuDrama sensazionalistico.
- Non credo nel cinema verità, anche il documentario è manipolazione. Il cinema non è nient’altro che 24 fotogrammi al secondo di bugie. Ma il vero cinema per me è “24 fotogrammi di una sorta di verità”. Sono interessato al realismo, se non è presente qualcosa che per me è realismo (personaggi realistici che subiscono conseguenze realistiche) io non sono interessato. E’ solo un cartone animato.-
Il realismo dello squilibrio mentale, del sadismo dei bambini, della confusione e dei luoghi comune dell’adolescenza non sono trattati col Voyeurismo dei mondomovies, né con l’autocompiacimento nel cattivo gusto di John Wathers: sono rivisti in un ottica vagamente surreale , una sorta di realismo poetico usato per trasmettere un insieme di sensazioni legate ad una realtà personale, la stessa cosa che il giovane regista ammira a Fassbinder.
Realismo, non-sense, retorica sono gli ingredienti base a livello narrativo gestiti visivamente da un 35 mm fuso con digitale, super 8, fermi immagini e polaroid. Korine stesso afferma di voler trattare le scene come se lavorasse su quadri, senza la definizione e la pulizia a cui ci ha abituato il cinema. Anche il discorso “estetico” sarà approfondito molto nella sua seconda regia. Julien Donkey Boy è stato infatti girato completamente in digitale ed il vidigrafo è stato utilizzato con filtraggi speciali.
- La mia intenzione era quella di creare quadri in movimento, dove i colori si bruciano e si mischiano negli altri. E’ come quando prendi una fotografia e la metti in una fotocopiatrice a colori La fotografia perde la sua forma e si trasforma in una sorta di dipinto. C’è dell’inchiostro sulla carta e tu non percepisci la profondità di campo: e’ molto più integrato col mio modo di raccontare.-
Il film stesso visivamente è di per sé quella “sorta di realismo” che compare nella sceneggiatura, un passo in più per completare il quadro della “visione” che è l’opera del giovane americano.

Gummo, come tutte lo opere profondamente personali, ha diviso la critica. Se per alcuni giornalisti si tratta di uno dei film più moderni e innovativi, secondo altri è solo un ammasso confuso e ridondate di immagini autocompiaciute e gratuite.
Non c’è da stupirsi che la giuria di “mummie borghesi bacchettone” abbia attaccato tanto il film,Harmony Korine è fiero di parlare di un opera non per tutti, che presenta una nuova sintassi visiva, più comprensibile ai giovani che sono dotati di una diversa sensibilità.
Assistendo però ad una proiezione davanti ad un pubblico di ragazzi cresciuti a cioccolata, MTv e cronaca nera, ho notato che la metà delle persone è fuggita alla fine del primo tempo. C’è una scena in cui il piccolo protagonista fa pesi ascoltando Madonna. Quando il pezzo musicale è cominciato tutti hanno applaudito per quella oasi di normalità a cui si sono potuti attaccare e, appena la mamma del ragazzo si è avvicinata allo stereo per spegnere la musica, tutti fischiavano per il terrore di tornare nel film.
Gummo è indiscutibilmente forte, assolutamente non gradevole. Grazie a questo film Korine ha ricevuto i complimenti di Gues Van Saint, Jean Luc Godard, Abel Ferrera, Lars Von Trier e Warner Herzog.
Questi due nomi sono fondamentali per il suo secondo film. Julien Donkey Boy sarà il primo film americano girato secondo le Vontrieriane regole del “Dogma 95″ e fra i protagonisti c’è un a padre triste e assente interpretato da Herzog in persona.

Continua…

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