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Milano Film Festival 2003, il concorso cortometraggi


Se si guarda al panorama offertoci dal cinema contemporaneo, ci si rende conto di quanto il cortometraggio sia una forma espressiva clandestina, potenzialmente sovversiva ed al tempo stesso inarrestabile.
Con l’avvento delle nuove tecnologie di ripresa la possibilità di girare un cortometraggio è diventata accessibile a chiunque abbia una buona idea e voglia darle vita attraverso il cinema. Perché, in ultima analisi, un cortometraggio è proprio questo: un’idea che si traduce in pellicola nella sua forma più essenziale, senza troppe sovrastrutture, senza trucchi, senza potersi permettere di distrarre lo spettatore dai suoi punti deboli.

Se lo stato dell’arte è quello che ci ha mostrato il concorso internazionale cortometraggi di questo Milano Film Festival 2003, c’è di che stare tranquilli: all’ombra del cinema di cassetta e delle grandi produzioni tutte uguali tra loro sta crescendo un fervente sottobosco di registi originali e innovativi, con ottime idee e la giusta cultura cinematografica per realizzarle.
Sono registi giovani, l’età media era di ventinove anni, provenienti da tutto il mondo, guidati dalle ispirazioni più differenti eppure accomunati dalla ricerca di un linguaggio cinematografico nuovo.
Infatti, guardando i cinquantuno cortometraggi in concorso, quello che più colpisce è la varietà di linguaggio in essi presente. I registi si sono confrontati con i generi più diversi, dalla fiaba al videoclip al porno, utilizzando una gamma di registri espressivi e stilistici sorprendentemente ampia. Sembra che il primo obiettivo di ogni cineasta sia stato quello di costruire un codice cinematografico personale che si prestasse in modo funzionale e al contempo artistico a comunicare le proprie idee, attingendo dal cinema classico, da quello moderno e, se necessario, pescando anche al di fuori del cinema stesso (tra le soluzioni più interessanti il montaggio di fotocopie del turco Kopi e quello di immagini prese dal web dell’italiano La soluzione Kennan).
Emblematico di questa tendenza è il cortometraggio vincitore della rassegna, Pornographic Apathetic del trentunenne filippino naturalizzato statunitense Arthur Cottam, che, in una sorta di happening teatrale, mette in ridicolo il linguaggio della filmografia porno decontestualizzandolo in modo straniante al fine di farne emergere la pochezza erotica.

Insomma, volendo fare un bilancio della rassegna, quello che ci rimane dopo questo Milano Film Festival 2003 è la visione in prospettiva di una strada percorribile per il cinema della prossima generazione. La sfida lanciata a tutti i cineasti presenti e futuri è quella di avventurarsi lungo questa via…

Le interviste:

Hideout incontra i protagonisti del Milano Film Festival 8

> Intervista a Michiel Van Bakel, autore del corto Equestrian

> Intervista a Carl Stevenson, autore del corto Contamination

> Intervista a De Buysser, autore del corto De intrede

> Intervista a Pavle Vuckovic, autore del corto Bezi zeko, bezi

> Intervista a Logo, autori del corto Mom

> Intervista a Ed Gass-Donnelly, autore del corto Pink

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