Il canto
del Bragagna
Premessa. Franco Bragagna è uno dei miei (pochi) telecronisti RAI preferiti. Dagli anni Ottanta, quando seguiva gli sport invernali su TMC insieme a Bruno Gattai, passando per gli immancabili meeting di atletica con Attilio Monetti, è sempre stato uno dei più giornalisti più preparati della tv pubblica.
Detto questo, passiamo al piccolo caso che ha risvegliato una sonnacchiosa giornata di ferie natalizie. Da buon appassionato di sport invernali, scelgo il canale 58 per la mia mattinata casalinga, ovvero Rai Sport 2. C’è il Tour de Ski, la più importante corsa a tappe della stagione di sci di fondo, ed è pure il giorno dell’arrivo in Italia, a Dobbiaco. Cosa c’è di meglio per passare qualche ora di sana nullafacenza che ascoltare i racconti di Franco Bragagna, la prima voce RAI per lo sci di fondo? Inizia il collegamento. Silenzio. Penso subito a uno sciopero, ma sul primo canale sportivo le telecronache ci sono, regolarmente. Gli sciatori sono in posizione e si sente solo, in lontananza, la voce degli speaker locali che elencano i partenti, in italiano e poi in inglese. Sto quasi per rinunciare alla diretta quando sento una voce. È Bragagna! Evviva, la mattinata è salva. Ma qualcosa non va: prima accenna a una specie di telecronaca, poi nomina senza senso apparente alcuni atleti in gara, poi ancora parla con qualcuno. Infine canta. Bragagna che canta: fantastico. Sono ormai passati almeno venti minuti dall’inizio della diretta quando il cronista sussurra la frase: “Qualcuno di voi mi ha detto che sono in onda”. Qualche secondo di imbarazzato silenzio e poi il povero Bragagna inizia a scusarsi con il pubblico, definendo incredibile l’accaduto: nessuno l’aveva avvertito di essere in onda.
Un caso, evidentemente, che fa sorridere per la situazione assurda che si è creata. Una specie di Deejay chiama Italia (il format di Deejay TV che mostra i conduttori durante le pause della diretta), shakerato con una candid camera. Forse il primo format di RAI Sport davvero innovativo. I due canali nazionali dedicati allo sport sono infatti un ammasso di contenuti vicino all’anarchia, e non stupisce che per quasi mezzora nessuno si sia accorto di quanto stesse accadendo. Certamente, danno la possibilità di vedere in diretta e nella loro completezza molti più eventi sportivi di quando tutto lo sport era confinato nel pomeriggio di RAI 3, ma le loro potenzialità vengono sfruttate poco e male. Ad esempio propongono moltissimi preziosi documenti provenienti dalle teche, ma questi non hanno una serialità logica e non sono francamente seguibili da uno spettatore nella loro interezza. Il secondo canale, poi, in alcuni momenti trasmette eventi live o in differita, in altri ritrasmette il primo canale un’ora dopo. [img4]Le telecronache, poi, soprattutto negli sport minori, sono davvero imbarazzanti: a volte, se non notassi di tanto in tanto i pixel del digitale terrestre, crederei di essere nel 1974. Un disastro.
È evidente che RAI Sport 1 e 2 non abbiano grandi budget, ma qualcosa di meglio possono sicuramente farlo. È riuscito a migliorare addirittura SuperTennis, canale gestito direttamente dalla Federazione più criticata d’Italia, quindi probabilmente può farcela anche mamma RAI. Intanto i due canali veleggiano allo 0,14% e allo 0,08% di share, in costante calo negli ultimi mesi. Per risollevarsi, servirà ben altro che una canzone intonata da Franco Bragagna.
A cura di Alberto Brumana
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