La piccola Adelaide e la finzione in tv
Avrei voluto scrivere del Grande Fratello. Di come quello che dovrebbe essere il capostipite dei reality show si sia trasformato, prima ancora che per un disegno degli autori per la consapevolezza degli stessi protagonisti, in una sorta di soap opera. Un fatto di stretta attualità però mi ha fatto spostare l’attenzione, sempre rimanendo sul concetto di finzione e realtà in ambito televisivo.
Quante volte vi è capitato di trovare, tra le varie e-mail di spam che ricordano quanto sia importante avere un pene grosso o quanto sia economico il Viagra, qualche messaggio che racconta la storia di un povero bambino che ha bisogno di aiuto per una rara malattia? Ormai quel tipo di comunicazione va a finire direttamente nel cestino, perché c’è la consapevolezza che si tratti di autentico spam, di un messaggio fallace che non porta da nessuna parte.
La tv invece, o almeno una certa tv che si propone come veritiera perché fondata su basi giornalistiche, funziona con logiche diverse. Il caso che vi segnalo è quello di Adelaide Ciotola. Il nome forse vi dirà poco, ma probabilmente vi sarà capitato di averla vista in qualche occasione. Dal 2005 infatti, Adelaide (che oggi ha 10 anni), è ospite insieme alla madre di programmi televisivi, ma non solo: ha scritto un libro sulla sua vita e sono state organizzati moltissimi eventi di beneficenza per la raccolta di fondi in suo favore. Tutto questo perché la piccola soffre di una rara patologia, la sindrome del lobo medio, che necessiterebbe di carissime cure (quantificate in 300.000 euro) da effettuare negli Stati Uniti. In particolare, negli ultimi mesi si sono moltiplicate le apparizioni televisive di Adelaide, che hanno avuto il culmine in una patetica ospitata a Mattino 5. Tutto sembra semplice e vero. D’altra parte, lo dice la tv. Si dà per scontato che ci siano dei giornalisti che prima di mandare in onda certe storie abbiano svolto qualche verifica. Qualcuno, però, questa sicurezza non l’ha avuta. Tutto inizia dal web, spazio in cui, come si diceva, si è più abituati a distinguere lo spam, la spazzatura. In particolare dal Disabili Forum, in cui in una lunga discussione alcuni utenti iniziano a porsi alcune domande. Perché mamma e figlia parlano sempre del libro o degli eventi e mai della malattia? Com’è possibile che la bambina si presenti in tv dopo aver avuto pesanti attacchi ed essere stata malissimo ma appaia sempre in forma? E soprattutto perché deve succedere tutto ciò se pare che la sindrome del lobo medio sia curata negli Usa tramite cure sperimentali gratuite (e che quindi non costano 300.000 euro) e che comunque esistano centri specializzati anche in Italia?
Insomma c’è qualcosa che non va. La tv e gli altri media però sembrano non accorgersene, tanto che a dicembre Adelaide è ancora ospite di Mattino 5, la cui redazione evidentemente si è resa conto che la storia ha un suo seguito, senza però aver approfondito l’argomento. Fortunatamente, qualcuno che va un po’ più a fondo esiste ancora. Così, dopo un mese di ricerche, Le Iene sono pronte a mandare un servizio sulla vicenda. La famiglia, che già sui forum e su Facebook aveva iniziato a difendersi senza però fornire prove a sostegno, ammette quindi che per le cure sono bastate le coperture sanitarie della mutua (e dove sono quindi finiti tutti i soldi recuperati negli anni?). Ieri, il giorno della messa in onda del servizio, arriva la dichiarazione del procuratore di Genova, secondo cui la madre di Adelaide avrebbe compiuto “più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, simulando che la figlia Adelaide Ciotola era affetta da una grave malattia, chiamata sindrome del lobo medio e inducendo in errore un numero indeterminato di persone, per procurarsi l’ingiusto profitto delle somme che le venivano versate a titolo di beneficenza”. Caso chiuso quindi? Assolutamente no. Ed è in questo senso che Luisa Pollaro, la madre di Adelaide, si comporta come un concorrente del Grande Fratello. Conosce i meccanismi del sistema televisivo e li sfrutta in ogni occasione, anche e soprattutto quando è alle corde. Invia quindi alle Iene tramite il suo avvocato un messaggio, [img4]invitando a non mostrare il servizio perché altrimenti la figlia “non mangerà più, non andrà più a scuola ed è pronta a fare una follia”. Non conta il fatto che probabilmente questa sia soltanto un’ulteriore menzogna, ma solo che in tv non è immaginabile mandare in onda qualcosa che possa danneggiare un bambino (quando poi in realtà vengono proposte trasmissioni subdolamente ben più lesive di queste). Così Le Iene si devono arrendere e auspicarsi semplicemente che la donna “la finisca di raccontare bugie a migliaia di persone che hanno creduto alla sua storia”.
A questo punto, dovrà decidere solo la giustizia ordinaria. E, per una volta, speriamo che le telecamere rimangano spente.
A cura di Alberto Brumana
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