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La periferia della consapevolezza

La periferia della consapevolezza

Un coordinatore di focus group, un bambino ritardato, una coppia e il loro bebè, un ragazzino con poteri paranormali, uno yuppie, un pluriomicida e la madre, una coppia e i loro problemi di sonno e un giornalista. Sono i vari protagonisti degli otto racconti lunghi di Oblio, ultima fatica di David Foster Wallace, in cui l’autore statunitense descrive lo stato di alienazione totale in cui vive l’uomo contemporaneo. La conclusione del racconto che dà titolo alla raccolta può spiegare meglio questa tesi:
«– Dai, rimettiti giù.
– Cos’ha di strano la tua bocca?
– Tu sei mia moglie.
– Niente di tutto questo è reale.
– Va tutto a gonfie vele.»
Un breve scambio di battute tra marito e moglie al risveglio, per capire il mondo in cui viviamo.

Nulla è reale, l’uomo è in uno stato d’oblio generale, non si rende conto di ciò che vive, ma ha una fortissima fiducia nel progresso e nei meccanismi produttivi che consentono di ottenerlo. In questo flusso di eventi non c’è tempo per la riflessione: si trascorre così un’esistenza senza consapevolezza, chi prova a fermarsi e riflettere è emarginato e incompreso. Tutto è destinato ad apparire, nel grande spettacolo della quotidianità, qualsiasi cosa viene inserita nella logica dell’”apparire per esistere”, persino gli escrementi di un tecnico fognario, reputati un’opera d’arte. Perchè l’importante, come viene sostenuto nell’ultimo racconto, è «distinguersi dall’enorme massa senza volto di quelli che stanno a guardare quelli che emergono».

La costante ricerca di consenso ossessiona l’uomo comune, terrorizzato dall’idea dell’insuccesso, e costantemente orientato al progresso. Ma quest’ultimo mito non porta libertà e conoscenza, anzi incatena l’uomo e lo distrugge nel momento in cui prova a ribellarsi. I metodi per ottenere l’obbedienza sembrano legittimati persino dalla Costituzione, se è vero che, mentre copia alla lavagna gli emendamenti costituzionali, il maestro del racconto L’anima non è una fucina scrive inconsciamente la parola UCCIDI sulla superficie nera, entrando in uno stato di trance. E’ l’emblema della condizione dell’uomo che non si rende conto delle proprie azioni e agisce meccanicamente, come se fosse stato programmato alla nascita per seguire un preciso percorso.

Anche il lettore è costretto a subire questo stato d’alienazione durante la lettura. Wallace, infatti, non si concentra sugli avvenimenti, presentandoli con una sequenzialità logica; gioca invece a perdersi nella descrizione di dettagli inutili. Dona una popolarità inusuale agli oggetti d’uso quotidiano, analizzandoli nei loro minimi particolari, e tralascia volutamente ogni sorta di narrazione lineare. Il lettore è così costretto a porre attenzione esclusivamente alla banalità del quotidiano e fatica a concentrarsi sul senso delle vicende, che rimangono sospese nel vuoto senza giungere mai a una conclusione. Un elogio della banalità, tipico della nostra era, che porta l’autore a sostenere ironicamente che «gli avvenimenti più vividi e duraturi della nostra vita sono spesso quelli che avvengono alla periferia della nostra consapevolezza».

La lettura non è ostacolata solamente da questo accumulo di dettagli, ma soprattutto dalla forma stilistica con cui essi sono presentati. Pur avvalendosi di una straordinaria abilità stilistica, Wallace costruisce periodi di difficile comprensione, caratterizzati da un’aggettivazione esasperata e da un complicato uso di subordinate. A volte questa estremizzazione stilistica rischia di esasperare il lettore, costretto a un notevole sforzo per seguire il filo logico del discorso. Impossibile, dunque, immedesimarsi nei personaggi, perchè non si riesce a seguire le loro vicende senza abbandonarsi alle numerose divagazioni proposte. Probabilmente questo è l’unico neo di un’opera brillante e formidabile nel proporre un ritratto fedele della società contemporanea.

L’autore. David Foster Wallace è nato a Urbana, Illinois, nel 1962. Attualmente vive in California. Ha scritto, tra l’altro, due romanzi: La scopa del sistema (Fandango, 1999) e Infinite Jest (Fandango, 2000); e due raccolte di racconti: Brevi interviste con uomini schifosi (Einaudi, 2000) e La ragazza dai capelli strani (minimum fax, 2003)

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