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cultura dell'immagine e della parola

Un cortocircuito chiamato Fuccon

I colpi di genio sono spesso così, assolutamente elementari. Non hanno bisogno di grosse sovrastrutture teoriche o complicati schemi realizzativi. Sono delle scintille: gli basta poco ad appiccare un incendio.
Per averne un esempio pratico, basta sintonizzarsi intorno a metà mattinata su Mtv e aspettare che tra un videoclip e l’altro, senza nemmeno essere annunciati, facciano la loro comparsa i membri della famiglia Fuccon, protagonisti del primo format televisivo interamente interpretato da manichini.
Un’idea meravigliosa.
Parafrasando un dei personaggi più telegenici di sempre, l’esimio Dan Peterson, un programma «semplice, efficace e spettacolare».

The Fuccons (titolo originale OH! Mickey) nasce da un’intuizione del regista Yoshimasa Ishibashi e fa il suo debutto sull’emittente nipponica Vermillion Pleasure Night, divenendo in breve tempo un vero e proprio programma di culto, tanto da venire importato in tutto il mondo attraverso una serie di DVD con sottotitoli in inglese.
L’impostazione è quella classica della sitcom, con brevi episodi autoconclusivi della durata di pochi minuti. Ad essere portate in scena sono le piccole avventure quotidiane di una famiglia americana trasferitasi in Giappone.
Quello che colpisce, naturalmente, è il fortissimo straniamento che si crea assistendo ai dialoghi e alle gesta di tre manichini che riproducono le fattezze del tipico nucleo famigliare televisivo.
Un piccolo shock costruito in modo molto accorto. La fisicità plastificata dei protagonisti, infatti, sembra legarsi alla perfezione con delle sceneggiature a tratti demenziali, nelle quali vengono ripresi e messi alla berlina tutti i luoghi comuni dei serial statunitensi.
Attraverso una semplificazione stilistica e contenutistica portata all’estremo, la situation comedy viene portata su di un piano surreale e smascherata per quello che è: un prodotto pensato per costruire una sorta di mitologia televisiva che giustifichi i valori condivisi dal grande pubblico.
Una mitologia che la famiglia Fuccon, con calcolata ingenuità, rade al suolo.
La metafora, d’altra parte, appare evidente: la più classica famiglia americana da telefilm, trapiantata in un contesto culturale che non è il suo (la realtà Giapponese, appunto), è costretta a mettere in mostra tutti i suoi limiti e le sue ipocrisie.

La portata satirica di The Fuccons, d’altra parte, non si esaurisce nello scontro tra i modelli di vita americano e giapponese.
Questo format, calato nel contesto italiano, sembra addirittura acquisire ulteriore forza.
In un panorama televisivo dominato dai reality show, infatti, i tre manichini che rispondono ai nomi di Mickey, James e Barbara dimostrano di essere i guastatori ideali dell’assunto che sta alla base della genesi di ogni nuovo vip da teleschermo: «io sono una persona vera».

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