Atene 2004, telecamere olimpiche
Che gioia: finalmente il mondo fa qualcosa per adattarsi alle dimensioni del teleschermo.
Parliamo di Olimpiade, parliamo di uno degli eventi mediatici più seguiti sulla superficie del globo, parliamo di gare e di emozioni, di atleti, di persone e di campioni.
Non parliamo di sport. Di quello se ne occupano altri cronisti e la mia voce nel coro rischierebbe di scomparire.
Io posso raccontarvi del tubo catodico, e di come i Giochi si stiano rivelando il prototipo del programma televisivo postmoderno. Il programma che scorre, che inghiotte e trascina. Quello che a volte abbisogna di un fermo immagine, come una zattera, per lasciarsi capire.
Che l’Olimpiade fosse anche un grande spettacolo televisivo l’abbiamo capito fin dalla sua presentazione. Una lunga sigla maestosa in forma di grande varietà. Danze ed effetti speciali, poi la sfilata degli eroi, quegli atleti che ora riempiono il palinsesto con le proprie gesta. Un prodotto televisivo perfetto.
Ma non era che il primo assaggio del programma contenitore che si apprestava a monopolizzare le nostre giornate televisive. Perché di contenitore si tratta, con tutti i crismi del genere. Dall’alba a notte fonda sulla tela in movimento di Raidue si affastellano blocchi dedicati alle discipline più svariate, ognuna caratterizzata da contenuti tecnici e spettacolari differenti, in grado di solleticare qualunque palato.
Televisivamente parlando, questa è una festa. Le telecamere non possono che sorridere. Davanti a loro si apre uno spazio costruito apposta per permettergli di raggiungere il Sacro Graal della Tv: la possibilità di cogliere e riportare l’imprevisto. Senza apparente difficoltà, il teleobiettivo si immerge nello spettacolo e cattura il momento. E’ come se nella casa del Grande Fratello i protagonisti invece di starsene svaccati sui divani come vitelli da ingrasso cominciassero a fare salti mortali e a proporsi sfide sovrumane.
E i personaggi, ingrediente fondamentale di ogni format di successo, non mancano.
Mi limiterò a qualche esempio italico. L’oro nella sciabola l’ha vinto un ragazzotto livornese che sembra sia stato prelevato di peso da una puntata di Lady Oscar, mentre molte delle nostre speranze nel tiro con l’arco sono riposte in un ventenne con gli occhiali che sembra l’amico simpatico che quando lo inviti a una festa risponde: “No, credo che resterò a casa, sto leggendo un bel libro. Comunque grazie per avermi telefonato, ti voglio bene.”
Oltre ad essere interessanti, poi, questi atleti sono anche bravi a offrirsi alla Tv. Sarà che molti degli sport olimpici durante l’anno non trovano spazio nell’immaginario collettivo e che quindi queste settimane greche rappresentano per i loro campioni l’occasione unica di pubblicizzare il movimento di cui fanno parte. Fatto sta che le interviste che costellano i programmi di approfondimento degli ultimi giorni sono una collana di perle, una più bella dell’altra. Non c’è retorica, non ci sono frasi fatte. Le lacrime sono poche e (ohibò!) genuine.
Visto in televisione tutto questo fa un effetto strano. Soprattutto se per una svista il dito pigia sul telecomando e di colpo ci si trova catapultati su Canale 5 e sul suo reality estivo, Volere o volare, dove una lungagnona sofferente si offre alla telecamera per propinarci un infinito pianto greco (concedetemi il calembour) incentrato su quanto sia duro doversi preparare ai quiz per la patente di guida. Una scena tristemente esilarante.
Buffi contrasti d’agosto. Ieri guardavo quello splendido esemplare di essere umano che è Federica Pellegrini, la nuotatrice sedicenne che ci ha portato una delle medaglie più belle della storia azzurra. Sorrideva la piccola campionessa, e raccontava tranquillamente di come dietro a un argento olimpico ci siano allenamenti continui e sacrifici quotidiani, la sveglia che suona alle sei del mattino e tante vasche nuotate prima e dopo le ore di studio sui banchi di scuola.
Visto che il modello televisivo attuale della Tv nostrana è il reality-show, e che quindi anche la vita reale, una volta portata sullo schermo, è a tutti gli effetti parte dello spettacolo, l’intervista di Federica, messa a confronto con quello accade nei reality che guardiamo nel corso dell’anno, mi ha portato a una semplice considerazione di ordine teorico.
Secondo me, questa Olimpiade dimostra che in televisione la tendenza ad andare sopra le righe è direttamente proporzionale alla povertà di contenuto del programma in onda e dei suoi protagonisti.
Insomma: se non hai niente da dire, urla.
A cura di Marco Valsecchi
televisione ::