La serialità televisiva
Il passaggio dalla stagione televisiva primaverile a quella estiva rappresenta sempre un punto di continuità importante per la comprensione delle tendenze che caratterizzano la fiction, da qualche anno ormai il prodotto catodico per eccellenza.
In particolare tra giugno e luglio è possibile assistere all’alternanza sul teleschermo tra i serial di produzione più recente e i grandi classici del genere. Mentre il popolo italiano (o quantomeno i suoi rappresentanti più fortunati) preparano la valigia per il rituale della villeggiatura, nel televisore si assiste a un vero e proprio cambio di guardia: ci hanno salutato Will & Grace, Malcom, e tutte le altre novità, mentre tornano a reclamare un posto gli evergreen; su tutti la Tata , vero e proprio totem del trash seriale che in questi giorni riconquista il suo posto storico all’ora di cena.
Non c’è momento migliore per azionare il fermo immagine del nostro piccolo videoregistratore culturale. In questo passaggio di consegne è infatti possibile trovare il filo rosso che segna il percorso di venticinque anni di televisione.
E’ a partire dagli anni Ottanta che la serialità ( “la produzione e distribuzione di narrazioni frammentate all’interno di un mass medium che viene fruito a intervalli regolari” come ci spiega Roger Hagedorn) invade il panorama televisivo italiano, prima in forma di fiction importata dagli Stai Uniti, poi come prodotto nazionale.
Questo avvento, decisivo per lo sviluppo della TV come la conosciamo oggi, è segnato al tempo stesso da profonde innovazioni sia a livello produttivo che culturale (campi strettamente legati tra loro, come ben sanno tutti coloro che hanno deciso di portarsi Marx sotto l’ombrellone).
Il serial è in un certo senso la “catena di montaggio” della produzione televisiva, nessun altro genere mediale è così legato a un modello di realizzazione di tipo industriale.
I riflessi di questi vincoli sul piano culturale sono palesi: anche i suoi contenuti, non solo la sua forma, si muovono nel solco, assolutamente contemporaneo, della “riproducibilità”.
Questo comporta una serie di effetti che hanno fornito materiale di analisi a tutti i critici televisivi del globo: la diffusione del modello seriale, infatti, ha portato alla diffusione della cultura americana presso tutti i popoli “teledotati” e alla globalizzazione di un sistema di un nuovo sistema di produzione mediale.
Il punto su cui voglio focalizzare l’attenzione, in questo momento, è però relativo all’aspetto sociologico del serial.
Perché questo genere televisivo riscuote tanto successo?
A mio parere perché il modello su cui si fonda è omologo al nostro modo di percepire tutti gli avvenimenti.
Il cervello umano tende al risparmio, non ama doversi inventare soluzioni nuove. Per evitare il sovraccarico si affida quindi agli script, sorta di “copioni mentali” che gli permettono di sapere cosa aspettarsi in ogni situazione.
Inconsciamente noi ci collochiamo sempre in uno di questi script. Provate a immaginare: stiamo uscendo di casa, cosa succederà?
Pur non essendo dei veggenti lo sappiamo benissimo: chiuderemo la porta, attraverseremo la strada, aspetteremo il bus che si accosterà al marciapiede e aprirà le porte, saliremo… ecc. ecc.
Ecco, finché tutto seguirà questo copione il nostro cervello potrà godersi il sonno del giusto.
Però, se invece del bus arrivasse un disco volante, potremmo anche trovarci in difficoltà, e probabilmente non sarebbe piacevole per la nostra materia grigia.
Diciamo che uno dei motivi per cui il serial riscuote successo è che non fa atterrare dischi volanti alla nostra fermata del bus.
Il serial è infatti caratterizzato da una serie di topoi (per non sputare nel piatto in cui mangio evito di chiamarli “luoghi comuni”) che ne favoriscono una quieta intelleggibilità.
Affidandosi alla memoria è possibile elencare una serie di “situazioni tipiche” che ricorrono nei serial più eterogenei, e che ci danno la misura di come questo prodotto sia costruito per la nostra pace cerebrale. Insomma, succedono sempre le stesse cose, e questo ci da piacere, soprattutto perché ci permette di concentrarci solo sui personaggi ( che, nel loro essere delle fortissime icone rappresentano la vera forza del serial) e non sulle trame.
Per fornire un servizio utile ai lettori di Hideout, e per avvalorare le mie teorie (evitando così di essere bollato come “povero mentecatto”), mi sono preso la briga di elencare alcune di questi topoi:
• La bella del liceo snobba il protagonista, andando al ballo della scuola con un altro. L’altro però si rivelerà un porco, e il protagonista potrà quindi apparire sulla pista nelle vesti dell’ottimo principe azzurro.
• Il protagonista prepara un progetto per il “Concorso di Scienze”. Il suo lavoro verrà accidentalmente distrutto alla vigilia dell’esposizione, ma lui vincerà lo stesso grazie a un colpo di genio.
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• Un ragazzino vuole diventare un campione dello sport pur non avendone i mezzi fisici. Grazie a un amico speciale troverà il modo di distinguersi sul campo di gioco.
• Qualcuno affida al protagonista un animale domestico che, a causa di cure non molto ortodosse, decederà. Il protagonista cercherà di sostituirlo con un sosia.
• Il protagonista e un amico cercano di entrare in una confraternita universitaria. Solo uno dei due verrà ammesso, ma rinuncerà a entrarci nel nome dell’amicizia.
• Il protagonista non è bravo a scuola, ma per una volta si impegna e fa un ottimo compito in classe. Il professore gli da lo stesso un voto basso, i genitori interverranno per difendere il figlio.
• Il protagonista esce con una ragazza con cui teme di avere poca affinità fisica (lui è magro e lei grassa, oppure lui è alto un metro e sessanta mentre lei è una titana). L’amore trionfa comunque.
• La madre di qualcuno arriva in visita da un paese lontano. Il problema è che alla povera donna sono state raccontate decine di fandonie (tipo che il figlio è ricco, famoso e sposato) e tutti dovranno reggere il gioco al bugiardo.
• Una gara di ballo crea rivalità tra amici di vecchia data.
• Il protagonista inventa una ricetta squisita che diventerà molto famoso, ma che, per motivi vari, non verrà mai commercializzata.
A cura di Marco Valsecchi
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