La speciale normalità della vita
La poetica del sub-liminare
Cassola scrive vicende antiromanzesche, cioè storie in cui apparentemente non accade nulla. Adotta una stile neutro ed oggettivo mostrando gli atti umani nel loro nudo apparire ed è proprio grazie a questa tecnica che riesce a mettere in luce l’aspetto problematico del vivere svelando la sua malinconia e il suo compianto per le vicende dell’uomo.
Egli ritiene che si debba carpire dai semplici gesti e da elementi modesti e giornalieri l’aspetto più autentico dell’esistenza. Ricerca nella vicenda quotidiana una verità esistenziale che va al di là della coscienza pratica e delle gerarchie di valore tra avvenimenti importanti e secondari.
Così, in “una relazione”, non racconta semplicemente la storia di un uomo e della sua amante, ma riesce, grazie a sapienti scelte lessicali e ad un’affascinante costruzione dei dialoghi, a mostrare con estrema completezza tutti quei sentimenti e quei pensieri che “avvolgono” due persone bisognose l’una dell’altra.
Mario e Giovanna si vogliono bene e si “usano”, per supplire alle mancanze e ai bisogni delle loro vite, ma non si amano con quella forza che toglie la ragione, perché l’amore è una passione troppo violenta ed esplosiva per riuscire a restare nella normalità in cui stanziano i protagonisti dei romanzi di Cassola. Quella normalità in cui lui riesce a trovare e a raccontare tutta la poesia e la complessità di una situazione assolutamente speciale.
Il cambio di prospettiva di Mazzacurati
Ambientato in una bellissima toscana non ci sono stati problemi a trovare paesaggi che catturassero lo spettatore. La scenografia è ben curata e si è stati attenti ai più piccoli dettagli: buona parte della riuscita del film si basa sulle accattivanti scelte paesaggistiche e sulle dettagliate ricostruzioni delle ambientazioni. I dialoghi sono stati ben adattati, le inquadrature e l’uso della telecamera sono molto efficaci e la scelta degli attori sicuramente vincente, eppure, pur riconoscendo la bellezza estetica dell’opera, c’è qualcosa che non convince: per chiunque abbia letto il libro lo scarto che più colpisce e stupisce nella rielaborazione del regista è sicuramente la diversità del personaggio femminile.
Giovanna è perennemente in crisi con se stessa perché seppur da una parte ha un bisogno di felicità e un desiderio d’affetto che le impongono di continuare a frequentare Mario, dall’altra è molto imbarazzata e si vergogna del suo ruolo d’amante. Nella sua vita triste l’aver trovato un uomo che le voglia un poco di bene e che la rispetti è un incentivo troppo forte per poterlo lasciare andare via, ma Giovanna non perde mai di vista la precarietà della sua posizione né il peccato intrinseco del suo ruolo. Continuamente ripensa a quello che dovrebbe fare e a come dovrebbe comportarsi e vive una condizione interna estremamente sofferta.
Maria invece (nel film Giovanna viene chiamata Maria e Mario Giovanni) è una donna bella, forte, decisa, che potrebbe ottenere e fare grandi cose nella vita, capace di creare e costruirsi con le sue sole forze. E’ una donna che non avrebbe bisogno di vivere la sconsiderevole parte dell’amante di un uomo sposato per assicurarsi felicità e amore.
Qual è dunque il motivo per cui resta insieme ad un uomo sposato che oltretutto non prova per lei più amore di quanto non ne provi per la moglie?
[img4]Giovanna ne aveva un’esigenza vitale, Maria non ne ha alcun bisogno.
Anche per questo non si sente in colpa e non soffre per il suo ruolo: che sbigottimento vederla prendere il sole sul balconcino e stendere i panni in compagnia della padrona di casa del suo amante, mentre Giovanna si vergognava anche solo d’incrociarla sulle scale!
La (quasi) totale mancanza di quel conflitto interno rende Maria priva di quelle luci ed ombre che tanto bene raccontavano la complessità e l’incertezza dell’animo umano. Proprio nei momenti più salienti, in cui Giovanna cerca di esprimersi con Mario esternandogli i suoi timori e i suoi pensieri, in quei momenti in cui maggiormente Cassola aveva mostrato la natura umana e la sua essenza, lì Mazzacurati decide di tagliare la scena, sfumando nel nero, o di chiudere la discussione togliendo il sonoro. Resta così solo la superficialità con cui Maria e Giovanni vivono la loro relazione.
Si è persa la poetica di Cassola e si è reso normale il quotidiano, raccontando una storia che non più solo apparentemente parla, seppur molto dolcemente, di niente.
Una relazione, romanzo di Carlo Cassola, 1969, ed. Einuadi
L’amore ritrovato, regia di Mazzacurati, 2004
Link correlati:
• Recensione del film L’amore ritrovato di Mazzacurati
• Intervista a Maya Sansa e Stefano Accorsi
A cura di Silvia Poli
la sottile linea rossa ::