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Se i trenta sono tristi

Se i trenta sono tristi

Se sia stato Muccino a lanciare il trend, o se davvero la soglia dei trenta sia ormai lo spauracchio generazionale più diffuso e inquietante, ancora non l’ho capito. Sta di fatto che nella produzione letteraria e cinematografica degli ultimi anni, il raggiungimento dei benedetti “enta” è diventato uno degli escamotage più sfruttati per far partire rocamboleschi viaggi alla ricerca del Sé , più o meno metaforici, compiuti da personaggi più o meno inetti, con possibili varianti più o meno numerose. Nel caso del giovane Nuzzolo, lo schema base è composto da Giovane Maschio Trentenne – non laureato, non in carriera, e con vaghi sogni da rockstar in testa – che si appresta a festeggiare il compleanno in compagnia di Famiglia Media Italiana (perfetta evoluzione darwinistica della famiglia di “democristi” del giovane Alex descritto da Brizzi) e di Pusillanime Fidanzata in via d’avvocatura, sullo sfondo della provincia piccoloborghese. A impedire al neo-trentenne Pietro di cadere nell’oblio esistenziale sono due costanti: la Musica, che ha gli occhi blu e la malinconia dolce e perfetta di Robert Smith, e l’immancabile migliore amico, Mario. E poi una foto, il motore della vicenda, in cui un Pietro adolescente con berretto dei Pink Floyd tiene la mano ad Alice, sul lungomare di Riccione. Dunque ecco il viaggio, fino a Riccione, insieme al paziente e fedele amico Mario e ai Cure, e fino ad un’Alice incontrata per caso in un locale, quando ormai le speranze di trovarla si erano fatte nulle. Ma gli imprevisti sono la trama del viaggio, e Nuzzolo (finalmente) trova modo di stupire almeno un po’: Alice non si è conservata pura e innocente come nella foto ma è una cinica e algida discografica; il pater familias non è poi tanto bigotto e minaccia di abbandonare il tetto coniugale per una giovane milanese che altri non è che Alice stessa; Mario, il compagno di scorribande, è malato di leucemia. Attraverso le prove, si sa, i protagonisti crescono: Pietro affronta, a suo modo, tutti e tre questi problemi, e nell’epilogo pare riconciliarsi con se stesso e con il mondo.
Il romanzo di Nuzzolo è in troppi punti rabberciatura frettolosa di materiale sconnesso, e non abbastanza consapevole da farne un Bildungsroman postmoderno, ma curiosamente sta in questo la sua forza: nelle zone liminali di questo libro- le descrizioni di Mestre e di Milano, gli excursus musicali, e le osservazioni sulla cultura giovanile dei secondi anni Ottanta, sono brillanti e suggestive. La trama e i personaggi, invece, sfuggono facilmente di mano all’autore, e di conseguenza tendono a non fermarsi neppure nella memoria di chi legge.

Massimilano Nuzzolo è nato nel 1971. Vive a Mestre e lavora come produttore del gruppo rock Soluzione. L’ultimo disco dei Cure è il suo primo romanzo.

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