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Il Bianco e il Nero

Il Bianco e il Nero

Furore, rabbia, dolore e paura: può un fumetto suscitare emozioni così forti? Nel caso di Berserk, la risposta è si.
Grazie alla sua incredibile abilità artistica il mangaka Kentaro Miura è riuscito a creare un’opera davvero significativa, capace di scuotere nel profondo l’animo del lettore.
La narrazione ci mostra le gesta del protagonista, Gatsu, ambientate in un mondo pseudo-medievale intriso di magia nera, violenza e orrore. Un luogo dove trovano spazio streghe, mostri, “apostoli” dalle sembianze fatate; un posto dove la fantasia si mescola con la vita di tutti i giorni deformando la percezione stessa del reale; un regno in cui il confine tra la materialità e la spiritualità si fa sempre più sottile; un universo dove il baratro delle entità non corporee rigurgita le sue immonde creature nel mondo degli uomini, seguendo le volontà dei cinque “Negromanti” della mano di Dio.
Una storia avvincente, appassionante, ricca di colpi di scena; un insieme di personaggi dalle personalità complesse ed affascinanti; un bestiario degno delle opere di Tolkien. Ogni amante del fantasy troverà in questo fumetto pane per i suoi denti.
Ma ciò che riesce davvero a elevare il livello qualitativo di questo fumetto, quel quid in grado di trasformare una sceneggiatura intrigante in una vera e propria pietra miliare del panorama vignettistico mondiale, è l’incredibile resa grafica degli stati d’animo dei personaggi. L’autore si dimostra capace di padroneggiare al meglio una delle caratteristiche fondamentali dei fumetti nipponici: il bianco e nero.
La contrapposizione cromatica viene investita di tutta una serie di valenze simboliche, creando una stretta corrispondenza tra le dinamiche emotive dei personaggi e la loro trasposizione visiva su carta; in questo modo, il tratto chiaro, pulito e particolareggiato che accompagna i momenti di dialogo ed esplorazione viene improvvisamente sconquassato da parte dell’autore per descrivere le situazioni più movimentate: le linee si fanno d’un tratto più marcate, lo sfondo tende a perdersi in un’indistinta macchia nera, i contorni delle figure a confondersi fra loro. Il fruitore viene letteralmente risucchiato in un vortice di inchiostro indomabile, reso folle e cieco dal tumulto interiore dei protagonisti rappresentati.
Particolarmente significativo al riguardo risulta essere il confronto fra Gatsu e la sua nemesi, Grifis: quest’ultimo, bello, biondo e raffinato, viene sempre raffigurato con un tono chiaro, con un tratto molto leggero, preciso e rilassato, quasi a volerne sottolineare l’assoluto, placido senso di superiorità; il protagonista, al contrario, menomato nel corpo e nello spirito dalla crudeltà del suo nemico, è sempre accompagnato da linee di china molto più nervose, sclerotiche e lacerate, per meglio evidenziare la rabbia e la frustrazione dell’eroe.
Davanti a questa allegoria estetica del bianco e nero, trascinato e coinvolto anche da una profondità psicologica ed emotiva fuori dal comune, il lettore non può che farsi conquistare dall’opera di questo mangaka destinato a lasciare un segno nel firmamento dei fumetti nipponici.

Curiosità: per festeggiare il successo delle avventure di Gatsu, arrivate ormai al 52°volume della serie originale, al 26° della Collection, la Panini ha deciso di presentare un’altra ristampa. Un formato gigante con al suo interno un tankobon e mezzo( oltre 300 pagine) e stampato per la prima volta in Italia con lettura alla giapponese. Un manga extra-sized, perfetto per chi volesse scoprire dall’inizio il capolavoro di Miura.

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