Le avventure di Tintin – Il segreto dell’unicorno: le avventure di Steven
«Com’è la sua sete d’avventure, capitano?!?!»
«Inestinguibile!!»
Con questa battuta si chiude l’ultimo lavoro del veterano Steven Spielberg. Una battuta che, più che una domanda al Capitan Haddok (coprotagonista della pellicola), sembra rivolta allo stesso regista. Tintin (chiameremo d’ora in poi così il lungometraggio e non con il suo titolo originale) sembra proprio il film che Spielberg ha volto realizzare. Le ambientazioni e le vicende ricche d’avventura confermano ancora una volta (a partire dal soggetto di base) la voglia che il regista ha di esplorare questo campo e di cimentarsi in tale filone narrativo per divertirsi e divertirci. Ma Tintin risulta il film che Spielberg ha sempre voluto soprattutto per quanto riguarda le tecniche di ripresa.
Infatti, che il regista fosse assai interessato alla motion capture lo si era già capito notando il suo impegno come produttore in opere quali The Polar Express di Zemeckis. Ora, basandosi anche sulla produzione dell’ormai esperto di questa tecnica Peter Jackson, Spielberg la utilizza al meglio realizzando inquadrature precisissime e perfette in tutti i loro minimi dettagli, ma soprattutto sfruttando la computer grafica per poter situare la macchina da presa esattamente dove vuole, senza dover fare i conti con problemi tecnici e pratici che una ripresa live action avrebbe ovviamente posto. E allora ecco che il regista ci regala scene mozzafiato grazie a movimenti di macchina vertiginosi e piani sequenza memorabili. Nel film, Spielberg non si accontenta di soddisfare questo suo “capriccio”, bensì si diverte ulteriormente in un gioco di citazioni che lo vede protagonista. Già, in Tintin Spielberg cita Spielberg. Questa caratteristica la si evince sin dall’inizio con i preziosissimi titoli di testa che rimandano agli altrettanto strabilianti titoli di Prova a prendermi. Nel corso della pellicola è impossibile non notare i rimandi a Lo squalo o all’opera del regista che, giustamente, è presente più di tutte le altre, Indiana Jones. Spielberg però non si dimentica da dove il progetto ha avuto origine, e quindi, nelle primissime inquadrature, omaggia degnamente (e in maniera molto spiritosa) l’autore del fumetto, Hergè. Il film trae spunto da tre albi che vedono protagonista il giovane reporter, riuscendo a ricreare fedelmente tutte le caratteristiche dei personaggi.
I fan del fumetto forse potrebbero criticare la scelta stilistica molto rigogliosa e ricca di sfumature che Spilelberg ha adottato rispetto al tratto più “infantile” ed essenziale che contraddistingue le opere di Hergè, ma sicuramente concorderanno che gli sceneggiatori (stranamente) nel loro lavoro di modifica sul testo, abbiano aggiunto sequenze del tutto assenti nel fumetto originale che però sembrano essere molto coerenti con lo stile di Hergè e soprattutto siano inserite proprio laddove il fumetto assumeva svolte narrative più prolisse e statiche. Insomma, Spielberg si riconferma un grande regista ma soprattutto un ottimo narratore. Tutti gli spettatori riassaporeranno quella sensazione di curiosità e stupore che si aveva quando si ascoltavano storie prima di addormentarsi. In fondo, chi non ha sognato di solcare i mari alla ricerca di un tesoro perduto?
Meno male Steven, che la tua voglia d’avventure è inestinguibile.
Curiosità
Tintin è pubblicato per la prima volta in francese il 10 gennaio 1929 nel settimanale belga a fumetti Le petit Vingtième, supplemento del quotidiano cattolico Le vingtième siècle. Le storie si snodano in 23 avventure e una ventiquattresima incompiuta.
A cura di Simone Soranna
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