Sfaccettature disfunzionali
Non è facile trovare una collocazione di genere precisa per questo film di Noah Baumbach. La presenza di Ben Stiller lo porterà ad essere collocato nello scaffale “commedia” di Blockbuster. Ma se, effettivamente, certe sequenze possono suscitare il sorriso, è anche vero che non ci sono situazioni apertamente comiche (tutt’al più qualche stravaganza che, però, nasce dal disturbo psichico e rimane quindi in bilico con un certo disagio), né dialoghi effervescenti e brillanti (il che non significa che siano dialoghi di cattiva qualità, tutt’altro: sono invece interessanti per il modo in cui i personaggi saltano da un argomento all’altro, nel tentativo spesso non riuscito di comunicare, e per il modo in cui gli stessi personaggi possono ferirsi vicendevolmente, che abbiano intenzione o no di farlo).
Lo stravagante mondo di Greenberg racconta fondamentalmente una storia d’amore. A tenere lontani i due protagonisti, a differenza di quanto accade generalmente nelle commedie, non è però un qualche impedimento “esterno”, che viene superato alla fine, ma piuttosto una precarietà esistenziale che non si scioglie completamente nel finale. E questo costituisce il principale elemento di originalità del film. I suoi personaggi sono lontani non solo dai tipi più ricorrenti nella commedia mainstream, ma si distaccano anche dal trattamento a cui verrebbero sottoposti in commedie “indipendenti” alla Little Miss Sunshine o Sunshine Cleaning: in questi film ci sono “mattacchioni” simpatici e dai tratti “eroici”, che in genere hanno la meglio dei cattivi e dei prepotenti. Sono dunque personaggi “rassicuranti”. Nei film di Baumbach, invece, i personaggi come Greenberg hanno un carattere più perturbante perché mettono apertamente in discussione la “normalità” in cui viviamo (la competizione come imperativo, la distanza tra aspettative e realtà, ecc.), senza proporre “consolanti” soluzioni o vie d’uscita. Con i suoi ultimi tre film Baumbach ha saputo creare una cifra stilistica e un universo tematico riconoscibili. L’interesse per personaggi irrisolti e problematici (che non diventa il gusto per l’eccentricità del suo sodale Wes Anderson, col quale ha scritto alcune sceneggiature) lo porta a sviluppare una riflessione sul confine tra normalità e disturbo psichico e una sottile disamina dei rapporti famigliari e delle loro conseguenze nello sviluppo di una persona, del bisogno di affetto e della paura dei legami. I personaggi di Baumbach sono sempre sfaccettati e non consentono mai facili identificazioni: qualcosa ce li rende vicini e ci fa sentire compassione, qualcosa allo stesso tempo ce ne allontana e ci mette a disagio.
In questo film dai colori slavati e dall’andamento svagato (la storia d’amore tra i due protagonisti è sempre esposta alla possibilità che il caso, le disattenzioni e i malintesi possano, in ogni momento, farla svanire, senza che la soluzione debba per forza essere “happy”) ritornano alcune costanti che legano i suoi personaggi a quelli dei precedenti film di Baumbach (queste costanti potranno essere considerate come indicatori di un universo “autoriale” definito oppure, al contrario, segni di ripetitività e di angustia di ispirazione). Molti sono i punti di contatto in particolare con Il matrimonio di mia sorella (Il calamaro e la balena era opera dal disegno compositivo più definito e con personaggi più “solidi”): Greenberg scrive lettere ai giornali come il Jack Black di quel film (e, come lui, è un ex musicista che non è riuscito ad arrivare al successo e che ora vive senza lavorare, impaurito dalla competizione che regna nel mondo “normale” e allo stesso tempo critico verso di essa), in entrambi i film si parla di padri anaffettivi e di famiglie disfunzionali, in entrambi la piscina è un luogo rivestito di un’aura particolare (nel quale il ritrovamento di un animale porta il film in una dimensione di sospensione irreale). Accentuando una caratteristica dei due film precedenti, le scene di nudo e di sesso sono quanto di meno glamorous si possa immaginare: i personaggi che ne sono coinvolti sono sempre impacciati. Ma questo non avviene per ridere di loro, quanto piuttosto per togliere al sesso e alla nudità l’enfasi con cui sono generalmente rappresentati nella produzione corrente e conferire ad essi una maggiore “naturalezza”: un cunnilungus così esplicito, così frontale e, allo stesso tempo, così “banale”, come quello che si vede in questo film è raro a vedersi.
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