La matematica della tragedia
Tra i tanti possibili modi di raccontare la guerra, Incendies sceglie di servirsi del canone della tragedia, chiamando direttamente in causa la pièce teatrale da cui il regista ha tratto ispirazione per il film. Lontano da un approccio emozionale come quello di Lebanon, in cui la telecamera chiusa dentro il carro armato restituiva la claustrofobia della condizione dell’uomo in tempo di guerra, La donna che canta lavora sull’espediente narrativo dell’enigma da risolvere per svelare gradualmente il passato di Nawal. I gemelli Jeanne e Simon ricevono dalla madre il compito di ritrovare il padre e il fratello, ancora vivi in Libano; per poter rispettarne la volontà saranno costretti ripercorrere gli eventi che hanno segnato la vita della madre fino a scoprire il segreto della loro nascita. La verità a cui giungeranno è sconcertante, al punto da toccare l’inverosimile: nei continui passaggi che compie da un fronte all’altro della guerra, tra nazionalisti cristiani ed emigrati islamici, Nawal aiuta il Fato a tessere la tela della tragedia di cui lei stessa sarà vittima, mentre i personaggi del film si dibattono nelle proprie passioni oscillando tra l’amore e la morte.
Come il destino di Nawal, Denis Villeneuve costruisce una rete di trame e sottotrame per arrivare a enunciare la sua tesi su una guerra fratricida come quella del Libano: nonostante i crimini più efferati come il massacro, la tortura o l’incesto, l’amore genera amore anche se è mescolato con l’odio più crudele. Il fato si avvicina così alla provvidenza cristiana in cui il male acquista un senso nel momento in cui il bene si fa strada e si afferma attraverso di esso. Villeneuve denuncia la struttura del film, fondata sull’enunciazione di un problema e sulla risoluzione dello stesso, nelle parole che il docente di matematica rivolge a Jeanne, invitandola a risolvere il problema che le viene posto proprio come se fosse un problema di matematica: come il matematico non può fare a meno di riflettere su quesiti sempre più astratti e insolubili, inerpicandosi nel ragionamento puro, così Jeanne deve tentare di risolvere il quesito della sua vita.
L’interpretazione offerta da Villeneuve catapulta così Incendies tra i film che si servono di una storia per dimostrare una tesi. Per quanto l’intenzione sia legittima, l’impressione che se ne ricava è che il film sia fin troppo scritto. Appesantito dalla sua stessa struttura, che alterna passato e presente, Libano e Canada, il film rincorre tutti i personaggi a loro volta occupati a ricostruire la successione di eventi, senza approfondirne fino in fondo le motivazioni e lasciando inspiegati alcuni aspetti. Un solo esempio su tutti: il rancore di Simon nei confronti della madre non trova una vera spiegazione ma si appella a un generico passato che non viene raccontato. L’orrore della guerra diventa un’enunciazione prima che un’emozione, una questione di scrittura prima che di vita vissuta.
Curiosità
La storia di Nawal si ispira alla vita di Souha Fawaz Bechara, la donna che all’età di ventuno anni tentò di assassinare il generale Antoine Lahad. L’attentato fallì e Souha Bechara fu rinchiusa nel carcere di Khiam dove venne ripetutamente torturata. La sua vicenda è raccontata nell’autobiografia Resistance: My Life for Lebanon.
A cura di Fabia Abati
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