Una commedia semiseria
Scritto e diretto a quattro mani dai fratelli Duplass, frequentatori abituali dei festival di cinema indipendente (vedi The Puffy Chair, 2005, diretto da Jay e interpretato da Mark e il recente Humpday, 2009 di Lynn Shelton, con Mark protagonista), Cyrus è un film simpatico, ma sbilanciato, nella sua tensione insicura tra cinema mainstream (la casa di produzione è la Scott Free Production, di Tony e Ridley Scott) e cinema indie più estremo. Fortunatamente questa disomogeneità è spezzata in due dalla linea immaginaria che divide il primo atto dallo sviluppo e dalla conclusione della storia, che recupera in ritmo e comicità.
L’incipit della pellicola è di certo visivamente sgradevole agli occhi di uno spettatore standard: il video è infatti scarno, tendente all’amatoriale; le riprese infastidiscono con quel ridondante e scattoso zoom in e out, come a volere vistosamente e poco sottilmente evidenziare le espressioni e le emozioni dei personaggi (ma l’effetto è quello di un aggiustamento “live”dell’inquadratura). Dal punto di vista contenutistico l’impatto è spiazzante e poco “cinematografico”: la moglie che scopre l’ex marito a masturbarsi a letto a ritmo di musica. Fin qui non si sa bene se ridere o piangere per la claustrofobica situazione emotiva del protagonista. Da John C. Reilly ci aspettiamo sicuramente di più e continuiamo a guardare, fino a che, a una serata tra quarantenni e passa, appare il volto solare e sempre più affascinante di Marisa Tomei, grazie a cui il protagonista prende il volo e inizia a dimenarsi al centro del soggiorno intonando le note di Don’t You Want Me Baby? degli Human League.
Il vero momento clou del film è però rappresentato dall’incontro-scontro tra John (Reilly) e Cyrus, il figlio di Tomei-Molly, interpretato da un fantastico e originale Jonah Hill, che abbiamo visto come spalla di molti comici nei film di Apatow (40 anni vergine, Molto incinta, Funny People) e come protagonista, insieme a Michael Cera, in Suxbad – Tre menti sopra il pelo (Greg Mottola, 2007). Hill è bravo a modellare la psicologia e il comportamento instabile del suo personaggio e riesce, in accoppiata con Reilly, a rendere scoppiettante il film con qualche buona e genuina risata. Peccato che il tutto si sgonfi presto, perchè Hill esce di scena e ci si rende conto che non si tratta di un film comico, ma una commedia dolce-amara con la redenzione finale dell’antagonista (Cyrus-Hill), che perde la sua verve iniziale per diventare a tutti gli effetti una persona matura. Poco manca per dare l’idea di pienezza narrativa e formale. Ma proprio questo “poco” compromette inevitabilmente il risultato finale, tanto da lasciare in bocca quel gusto indeciso di incompiuto che più di tutto rovina le commedie.
Curiosità
Il film ha ricevuto una nomination come Best Motion Picture nella categoria “commedia / musical” al Satellite Awards, i premi assegnati dalla International Press Academy nei queli sono stati nominati anche John C. Reilly e Marisa Tomei come migliori attori.
A cura di Valentina Vantellini
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