hideout

cultura dell'immagine e della parola

Lo scandalo e la poesia

Lo scandalo e la poesia


A nulla sono valse, nel lontano 1962, le intercessioni di Cocteau e di Jouhandeau. Pasolini si offre di tradurlo in Italia, Yukio Mishima in Giappone. Tanti spezzano una lancia per il ventunenne algerino Genka. Ma non serve: tredici editori si rifiutano di pubblicarlo, in nome di un’improvvisamente invocata pruderie; il ministro Frey lo censura; l’opera prima circola solo clandestinamente; dei vandali verosimilmente appartenenti circoli della destra estrema -che si scagliava contro Genka- distruggono la sua casa di Finisterre. Tanto rumore per cosa? Innanzitutto per la parabola di scandali su cui il libro è costruito dalla prima all’ultima pagina: un padre, Morfay, e le sue due figlie, Mauda e Marceline, legati da un triangolo di morbosa passione. Una passione lontana dai maliziosi feticismi alla Nabokov: le cose qui hanno il loro nome duro, preciso, che il paese sa e dice senza mezzi termini: «Se avessero osato, avrebbero aperto le mutande di Morfay. Avrebbero visto che quello che aveva da offrirgli non è mai altro che cazzo». Due figlie diverse: Mauda consacrata all’amore silenzioso, Mauda la più amata di cui Morfay dice «sei il pane bianco del mio vizio, il muro contro cui piscio, il bacio che non fa rumore», e l’egocentrica Marceline, creatura da sesso: «Marceline il culo, il vino, le sigarette». Un equilibrio sentimentale macabro e perfetto, dove c’è posto per la dedizione e per la perdizione insieme, in una mescolanza che arriva al blasfemo: Mauda lava i piedi del padre, scuoia i conigli per farne pantofole, e pensa: «Si, prendimi a calci, si, fammi male. Questo non mi cambierà: io ti amo». Marceline accecata dalla gelosia aprirà i rubinetti delle cisterne in cui si raccoglie con parsimonia l’acqua per irrigare, abbandonandosi a un battesimo di fango: «agguanta la terra, si stravacca beata, si bagna le cosce, si asperge il sesso». Sullo sfondo, una campagna francese che è la morte del bucolico, popolata da ubriachi, violenti e puttane; una casa che parla, con i muri rantolanti di dolore, azzittiti a vedere lo scempio della famiglia Morfay. Il mondo di Genka trasuda violenza e veemenza di dolori e passioni. Le parole sono tutte estreme, neanche una è superflua, e tutte necessarie: Genka, a differenza di tanti, non cede al virtuosismo della scrittura ma misura tutto, calibra le scelte e colpisce i sensi con competenza d’artista vero. Una scrittura che non è più narrazione ma è poesia e quasi anche pittura: qualunque cosa, anche più sgradevole di un incesto, potremmo ascoltare da Genka, solo per continuare a seguire quel diluvio di immagini. Un godimento per chi legge, e una lezione per chi scrive.

Oltre all’Epimostro, Nicolas Genka è autore anche di Jeanne la Pudeur (premio Fénéon 1965), censurato e pubblicato per Juillard e subito proibito, ripubblicato in seguito dalla casa editrice di Genka stesso, e di L’abominable boum des entrepots Léon Arthur. Per Genka, Cocteau crea il Prix des enfants terribles, di cui il giovane autore è il primo vinicitore. Negli anni successivi Genka pubblica, in evidente polemica con gli editori francesi, presso altri editori francofoni a Bruxelles, Ginevra e nel Quebec. Tuttora i suoi libri, pubblicati in Francia per Flammarion e in vendita anche su amazon france, non sono stati ancora formalmente svincolati dal veto di censura.

RaiLibro: intervista a Nicolas Genka

Dal sito francese Étoile rouge: articolo su Genka

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»