Dopo la vita… poco
Qualcuno mi aveva avvertito prima dell’entrata in sala: “Anche se usi le sue stesse scarpe, una volta sceso in campo, se non sei Messi, ti puoi solo sognare di dribblare tutti gli avversari e andare in gol”. Il riferimento era ai claim di Resident Evil: Afterlife, che si vantavano di utilizzare “la stessa tecnologia 3D di Avatar”, cioè il Fusion Camera System sviluppato da James Cameron. La macchina da presa è quella, ma i risultati sono davvero lontani anni luce.
Ma andiamo per ordine. Afterlife è il quarto capitolo della saga di Resident Evil, con Paul W.S. Anderson che torna, come nell’esordio del 2002, a dirigere la moglie Milla Jovovich alle prese con zombie e mostri vari. In realtà associare la parola zombie (e con essa tutto il mondo collegato a George Romero) a questa saga ha ben poco senso già dal secondo capitolo. Si tratta invece di un action movie dal retrogusto horror, pensato sempre più per un pubblico di videogiocatori (tanto che la scrittura della sceneggiatura del quinto film sarà fatta in rete proprio in collaborazione con i fan). L’inizio del film è anche convincente, e la scena dei cloni di Alice che attaccano la Umbrella Corporation ha un certo fascino. Man mano che i minuti passano, però, tutto ciò si perde nel più classico espediente del manipolo di uomini rinchiuso in un edificio attorniato da mostri di varia natura. Però gli zombie, come si diceva, non sono tali, ma delle specie di mutanti tentacolari, e anche il cosiddetto mostro finale è talmente stupido da fare solo simpatia. Anche il lavoro sui personaggi è debole: se si salva Alice, grazie alla mascolina sensualità di Milla Jovovich, gli altri sono solo macchiette stereotipate. Fa davvero sorridere l’esordio nella saga di Wentworth Miller, l’attore diventato famoso per la serie tv Prison Break: è imprigionato in una gabbia dentro a un carcere ed è l’unico in grado di far uscire i compagni. Forse una storia già sentita? Tornando poi al vanto della produzione, cioè il 3D, francamente non ci siamo. Se utilizzare il 3D significa dover vedere decine di scene al rallenty con un effetto che ricorda più il Matrix di 11 anni fa che l’Avatar dello scorso anno, allora è meglio tornare alle care vecchie due dimensioni e dare maggiore dinamicità alla scena.
Sinceramente nel complesso di ha l’idea di un’occasione decisamente sprecata. Perché la saga ha sicuramente grandi potenzialità, e un budget di sessanta milioni di euro non era niente male. Aspettiamo il quinto capitolo, anticipato da un finale quanto mai aperto, anche se ormai la speranza di poter avere nuovamente un buon prodotto horror è quasi del tutto svanita.
Curiosità
Resident Evil è una delle pochissime saghe in cui gli incassi sono andati aumentando film dopo film. Il primo capitolo ha infatti incassato 102 milioni di dollari, il secondo (Apocalypse) 129, il terzo (Extinction) 148, mentre il quarto, ancora nelle sale, ha già superato i 205.
A cura di Alberto Brumana
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