Intervista a Fulvio Ottaviano e Giorgia Surina
Fulvio Ottaviano: Siamo qui con Giorgia Surina, Adriano Giannini, Luca Angeletti. Io sono Fulvio Ottaviano. Siamo qui per rispondere alle domande. Io personalmente, oltre al film, da dire ho poco: il film basterebbe a raccontare da solo quello che il regista aveva voglia di raccontare. Il film è una commedia, una commedia leggera che non si poneva obbiettivi estremamente complessi, se non quelli di far passare un’ora e trenta di piacevole divertissement.
Io inizierei dalla fine: come siete riusciti a portare tutti gli animali nella casa per l’ultima scena del film?
Fulvio Ottaviano: Non è stato semplice, più che altro dal punto di vista dell’organizzazione logistica dell’operazione, perché far recitare gli animali è un’operazione infernale: fanno quello che vogliono loro. Anche riuscire a metterli in una stessa inquadratura è stato difficile: ci sono voluti due giorni di riprese solo per fare l’inquadratura finale.
La soldatessa è un diversivo oppure è una scelta mirata?
Fulvio Ottaviano: Non è un aspetto marginale del film. Rientra nel discorso di come cambiano i ruoli all’interno della nostra società. È un momento importante perché si raccontano esperienze diverse, ma non viste come sono viste fin’ora… Non il servizio militare, semplicemente in accezione negativa: è un lavoro oggi come un altro. Quindi c’è una parte di questo complesso lavoro che ha aperto le porte anche al servizio militare femminile. Non era mai stato raccontato e mi interessava capire come funzionavano le cose dentro una caserma dal punto di vista delle donne. Magari Giorgia che l’ha interpretato può dire qualcosa.
Giorgia Surina: Eh, è stato decisamente provante, molto molto dura come esperienza, perché abbiamo dovuto esercitarci davvero, come i militari, tra ragazzi che fanno tutti i giorni l’accademia. Un corso di sopravvivenza, con tutte le faccende del caso: elmetto, scarponi, fucile da dieci chili da tenere in braccio per ore. Mi ha dato la possibilità di vivere un’esperienza che non vivrò mai e di capire che cosa vuol dire la presenza delle donne in una caserma.
Sul ribaltamento dei ruoli, che dite?
Giorgia Surina: Abbiamo voluto raccontare che oggi sono più le donne che prendono l’iniziativa. Però è quasi un esercizio di stile, nel senso che cerchiamo di capire che cosa succede quando lo fanno le donne: se l’uomo lo fa è un playboy, altrimenti se lo fa una donna è considerata meno bene. Essendo Giorgia nel film molto più uomo che donna, c’è una linea sottile che non la fa diventare volgare, perché lei assume un ruolo da uomo e decide lei che cosa andarsi a prendere, e quando. Io sono assolutamente per la parità dei diritti, naturalmente, e sono molto felice di aver potuto interpretare questo ruolo, perché mi piacciono le donne forti, con grinta e che prendono la situazione in mano. Oggi credo sia il caso di dimostrare che ci sono donne che fanno queste cose e che riescono a dare comunque un’immagine femminile, nonostante abbiano un atteggiamento un po’ più mascolino.
Fulvio Ottaviano: Non dimentichiamo che non si danno risposte. Un film non è che può dare delle risposte, un film pone dei quesiti, si interroga su qualche cosa che sta accadendo. Siamo in un momento di confusione e la nostra sincerità è quella di osservare, di cogliere qualcosa che sta accadendo, provare a rappresentarlo, divertendoci anche. […] Soprattutto in questo momento c’è la necessità di essere un po’ positivi, solari: ci sono abbastanza film che raccontano la cupezza del momento che stiamo vivendo.
Non vorrei fare polemica: è vero che ci sono tanti film che raccontano quello che sta succedendo nel mondo; in Italia no, però. Del presente -perché c’è cupezza-non ne parla nessuno: è vero che uno dice non posso avere la presunzione di dare una risposta. Però qualcuno che si faccia avanti e dica forse per cambiare le cose bisognerebbe fare questo non c’è.
Fulvio Ottaviano: Il mio messaggio—forse per cambiare bisogna fare questo—lo sto dando in questo film. L’indicazione per me è quella di provare, anche sbagliando, a uscire allo scoperto, anche di non aver paura di tirare fuori i sentimenti, di non aver paura di dichiararlo.
Il personaggio di Giannini è il solito: carino, simpatico, tenerissimo ragazzo, con problemi di lavoro. È il tema dominante, trattato con diversa profondità, di tantissimi
film negli ultimi anni. Però, anche un po’ all’italiana: con l’idea che c’è sempre qualcuno che ti aiuta, la famiglia, cosicché non cadiamo mai nella conclusione tragica.
Fulvio Ottaviano: Il problema tragico. Intanto, sono tutti ragazzi che non stanno a piangersi addosso: lavorano, perdono il lavoro, ne cercano un’altro, si inventano una soluzione diversa. Hanno una spinta di energia. È proprio una perdita della famiglia: non si indulge al mammismo. Per il personaggio di Adriano, lei scambia il fatto che lui abbia dei sentimenti, delle incertezze, con un lieto fine. È un personaggio ruvido, è anche stronzo con il fratello in alcuni momenti, è un personaggio che si è rimboccato le maniche quando c’era bisogno. Voleva fare altro, forse, nella vita, forse aveva dei desideri più grandi: invece ha preso il lavoro che ha trovato, si è messo a spalare la merda. E tira avanti. Non è un personaggio depresso.
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