Miscelare bene prima dell’uso
Lo splicing è una pratica biomolecolare che letteralmente potremmo definire “miscelazione”, ovvero la possibilità di creare nuove forme di vita assemblando diversi tipi di dna. Da che mondo e mondo, il cinema ci insegna che questo è sbagliato, pericoloso, amorale: per gli scienziati Clive ed Elsa però non è importante. Il pubblico lo sa e quindi si aspetta il peggio, tanto che la prima parte di Splice è costruita come un film dell’orrore, con tanto di creature repellenti, suoni sinistri, picchi di rumori e titoli di testa (in soggettiva da parte di un nascituro in laboratorio) degni un B movie degli anni Cinquanta. Il meccanismo, rodato e ben collaudato, funziona alla perfezione e la tensione sale. Non solo dallo schermo verso lo spettatore, ma anche tra i personaggi che mettono in campo ricatti psicologici, ferite originali, dinamiche amorose che sottintendono ogni possibile sviluppo futuro e quindi in grado di accalappiare l’attenzione. E come ben si addice a questo tipo di prodotti, la tensione è stemperata dall’umorismo, qui ben rappresentato da elementi di contorno: perfette le mise da nerd chic di Adrien Brody, la superbia scientifica dei due sposi scienziati e i personaggi di contorno.
Fino qui è tutto chiaro: Splice è il classico film con protagonista uno scienziato pazzo, anzi due, che prima o poi verranno puniti per aver sfidato le leggi di Dio o della natura, a seconda che si cada in derive mistiche o meno. Inoltre può essere molto divertente, a patto di amare il genere, sopportare scene al limite del disgustoso e sesso interspecie. Però c’è anche qualcosa di più, perché Natali, regista che ci seppe stupire con Cube – Il cubo (1997) e che qui torna in grande forma dopo un paio di film deludenti, è davvero bravo a “miscelare” le carte. Se all’inizio la donna risulta una “tentatrice” inducendo un parallelo inconscio con la Genesi, l’uso di derive cronenberghiane e lo sfruttamento della capacità distruttiva innata del maschio portano il racconto su altri territori: è l’istinto primario dell’uomo, quello della maternità/paternità, in gioco da queste parti.
Peccato che il finale abbandoni le atmosfere sospese dell’inizio, ricorrendo a troppa azione, con il risultato di perdere equilibrio e scadere in brutti effetti. Ma tutto sommato Splice risulta un buon film di intrattenimento, con qualche obiettivo d’autore centrato. Bravissima Sarah Polley, già attrice per Cronenberg in eXistenZ (1999), finalmente in parte Adrian Brody, ma la vera sorpresa è la francese Delphine Chanéac, che nel ruolo di Dren riesce a “miscelare”, anche lei, umanità e bestialità come si addice a una vera adolescente. Tremate registi di Hollywood, Vincenzo Natali è tornato!
Curiosità
Vincenzo Natali di italiano ha solo il nome e la metà delle sue origini: è nato il 6 gennaio 1969 a Detroit, Michigan, da madre infermiera/insegnate/pittrice inglese e padre fotografo italiano, si trasferì in Canada alla tenera età di un anno. In pratica, il frutto di uno splicing culturale.
A cura di Sara Sagrati
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