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Intervista a Davide Ferrario

Vorrei soffermarmi solo un momento sul suo precedente film, Dopo Mezzanotte (2003), che è stato un tentativo di cinema indipendente. Ha avuto un buon esito?
Dopo Mezzanotte è andato clamorosamente bene, nel senso che è diventato un caso citato ormai a mo’ di esempio, anche se talvolta a sproposito, di come si può fare un film indipendente che piaccia al pubblico, che sia indipendente sia nello spirito che nel risultato estetico e che poi si venda perfino all’estero. Questo è quanto è successo: il film è costato 250.00 euro e ne ha incassati solo in Italia 1 milione e mezzo. Poi l’abbiamo venduto a 60 paesi. Grande operazione e spero che qualcun altro lo segua nella struttura operativa, però credo che la chiave non fosse nel modo in cui è stato finanziato, ma nell’avere un’idea che lo supportasse; non è girare il film in digitale che risolve il problema, è avere l’idea di una storia da raccontare, poi trovi un modo per realizzarla.

E invece come è nato Se devo essere sincera?
La vera verità, se devo essere sincero, è che facendo Dopo Mezzanotte, un giorno, per caso, ero in uno studio di registrazione a Torino, dove stavo registrando un programma radio, e lì ho incontrato Luciana. Non ci vedevamo da un annetto a mezzo e lei mi dice «Ma sai io ho questa sceneggiatura, ti verrebbe voglia di dare una guardata?» e io le ho detto «Perché no?». Non avevo niente in principio contro l’idea di fare un film con Luciana perché è un’attrice che mi fa ridere, è brava, l’ho usata io per la prima volta in Tutti giù per terra (1997), è una persona che conoscevo. Ho letto la sceneggiatura, mi ha convinto, abbiamo cominciato a lavorarci un po’ su e abbiamo fatto il film. Film che è totalmente l’opposto di Dopo mezzanotte, perché questa volta ho fatto solo il regista.

Volevo chiederle come cambia il ruolo del regista da essere l’autore completo di un film a lavorare principalmente soltanto ad una fase del film, la messa in scena.
Io penso, per chi vede il cinema da fuori e anche per chi lo scrive, che spesso si considerino i film come un po’ dei libri, cioè che siano opere totali di chi lo fa, cioè del regista. Ma i film nascono in maniera molto strana e molto diversa l’uno dall’altro, poi è evidente che quando ci sono degli studi ci siano anche delle coerenze stilistiche, però ogni film fa un po’ una storia a sé. Per me girare Se devo essere sincera andava giusto bene nel momento in cui avevo fatto Dopo mezzanotte. Non credo cioè che avrei fatto questo film in un altro momento, perché forse non avrei avuto voglia di fare un film “normale” in quel momento, avevo bisogno di fare un film diverso prima. Avendo appena fatto Dopo mezzanotte, quando è arrivata questa proposta fatta dal destino, che io non mi sono cercato, ho detto «Perché no»? Mi andava l’idea di girare una commedia diversa dal solito ma con l’obiettivo di fare un film di genere. Ho fatto questa esperienza, ne sono soddisfatto, muoviamoci per il prossimo progetto.

In questo caso in quali modi ha cercato di dare il proprio contributo personale al film?
Lavorando poco sia sul tema della bugia, che già c’era, che sul tema della condizione femminile che, appunto, non essendo io donna mi è difficile da trattare. Io ho cercato di lavorare appunto sulla messa in scena; per dirne una, la sceneggiatura è molto dialogata, lo è ancora molto il film. Però erano previsti molti interni, molte situazioni statiche, io invece ho cercato di costruire un film dove succedevano più cose all’esterno. Mi viene in mente una scena, quella del city Dog, dei cani che corrono facendo lo slalom, quella era pensata con le due protagoniste a tavola che parlavano. Se c’è una cosa che odio sono i campi e controcampi, i totalini, che però in parte sono inevitabili in una commedia. Allora lì la storia si muove, quello che deve essere detto viene detto, però almeno stai vedendo qualcosa che ha relazione con la storia e che però ti muove l’occhio. Ho cercato di lavorare su quello e su altri elementi strutturali come le musiche, inserendo dei video con François Jardi.

Per quale motivo ha deciso di inserire queste musiche?
Credo che una cosa che faccia arrabbiare le compagne degli uomini è il fatto che molto spesso gli uomini hanno delle icone femminili, generalmente l’esatto opposto di quello che è la propria compagna. In un matrimonio traballante come quello dei protagonisti mi sembrava quindi giusto che lui avesse una fantasia che fosse l’esatto opposto per molti versi di quello che è la moglie; da questa pista mi è venuta in mente François Jardi. A me naturalmente piaceva molto François Jardi ma credo anche che il tipo di canzone, di sound di quella canzone sia molto in tono con il sound visivo del film. Alla fine lavorando, facendo anche delle ricerche su materiale d’archivio abbiamo ritrovato delle registrazioni in italiano di François Jardi che sono diventate un vero protagonista del film, per cui sono una sorta di coro greco che con quello che canta illustra certi passaggi del film.

Invece come motiva la scelta dell’utilizzo, molto frequente all’inizio del film, di espedienti visivi quali lo speed e il ralenti?
Quello è una mia maniera che ho sempre avuto da Tutti giù per terra di dire: «Ehi, state guardando un film», cioè non sedetevi lì e pensate che state guardando una cosa normale. Credo che quei piccoli attentati all’occhio, quelle velocizzazioni, quei salti strani di campo che non seguono le convenzioni tengano desta l’attenzione visiva e soprattutto taglino quei tempi morti che sono legati a un mal inteso senso del realismo. C’è tutta questa grande fregatura del realismo al cinema. Il cinema non è realista, ha una grande capacità di cambiare il tempo attraverso il montaggio. Però la presunzione che c’è nei confronti dello spettatore è dire: ti sto raccontando una storia come se fosse vera. E allora se tu intervieni bruciando i tempi morti attraverso degli stilemi artificiosi come sono quelli della macchina cinema, credo che senza straniarti troppo, però fai un lavoro che ti permette di dire allo spettatore: ti sto facendo vedere un film, non adagiarti su questa storia qua. È tutto molto inconscio, ovviamente, visivo, non è un’operazione stilistica così esplicita. È un piccolo artificio che secondo me aiuta a tenere desta l’attenzione dello spettatore.

[img4]In questo caso il fatto di avere fra le mani una commedia piuttosto che un altro genere le è stato d’aiuto, ha determinato alcune scelte piuttosto che altre?
La commedia è uno dei generi con più regole. Il dramma della commedia è che se non fai ridere stai sbagliando, se poi fai ridere ti si può comunque dire: ma tanto è solo una commedia. Con i film drammatici te la cavi sempre perché anche di fronte alla noia, anche di fronte a un mezzo fallimento puoi rivendicare un’idea profonda dietro. In un film come Se devo essere sincera non puoi avere questo alibi qua, quindi devi lavorare sul mestiere e sulla capacità di raccontare il piccolo messaggio che avevamo in maniera giusta. Apparentemente è più semplice, in realtà è molto più difficile. Non a caso il montaggio ci ha preso molto più tempo di quello che pensassimo, avevamo molto materiale girato, tante storie che in sceneggiatura convivevano e che poi quando eravamo lì tiravano tutte da una parte diverse dall’altra, quindi abbiamo sfrondato alcune cose per andare a dire le cose essenziali.

Prossimo film: film normale o film strano?
Film normale-strano. Film normale produttivamente: sarà prodotto da De Laurentiis. Sarà un film drammatico, tratto da un libro di Massimo Carlotto, L’oscura immensità della morte. Pensiamo di avere un cast molto forte, sicuramente ne farà parte Marco Paolini, con cui abbiamo girato in questi anni delle cose. Io voglio assolutamente riscoprire Marco, perché al cinema è stato usato pochissime volte e male. Lui è un grande attore, secondo me bisognerebbe lasciargli una possibilità. Sarà un film molto personale dal punto di vista stilistico e narrativo.

E quel progetto di un film tratto da De Lillo di cui si parlava qualche tempo fa?
Quello sta andando avanti, è parecchio complicato come concezione e ancora più complicato trovare i finanziamenti per farlo, però proprio in questi giorni si è aperta una sorprendente porta produttiva. La vera chiave è trovare un’attrice, e deve essere un’attrice di grande carisma internazionale sulla quale impostare tutta la produzione. No, non è assolutamente dimenticato.

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