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cultura dell'immagine e della parola

Il patchwork della memoria

Il patchwork della memoria

L’esordio letterario di Flaminia Petrucci, autrice-protagonista del libro, racconta una grande storia, racchiusa in una serie di piccole storie quotidiane, dall’infanzia fino all’età adulta. Ci insegna che la vita viene condizionata dalle relazioni affettive, sia quelle riuscite che quelle più complicate da spiegare e da vivere. Attraverso i suoi occhi la vediamo bambina guardare con ammirazione incondizionata il padre, Concezio Petrucci, famoso architetto sotto il regime fascista, e cercare di svelare l’enigma di una madre sfingea: una donna, berlinese ed ebrea, con due matrimoni falliti alle spalle e un figlio scomparso nei campi di concentramento. Infine la ritroviamo adolescente al primo incontro con sua nonna, donna apparentemente effimera e superficiale, che in realtà convive con un dolore e un senso di colpa soffocanti: non aver salvato il nipote dallo sterminio nazista. Questo tuffo nel passato permette all’autrice di ricostruire con forza e consapevolezza nuove il filo rosso della propria esistenza, di scrutare con occhi maturi nel bagaglio della memoria, per completare un puzzle che non può rimanere a metà.
Ogni capitolo ha un titolo che sembra la didascalia di una foto e forse davvero lo è. Foto in bianco e nero che ritrovano colori e sfumature attraverso le parole dell’autrice. La struttura della narrazione è ciclica e fa immaginare al lettore che l’intera costruzione narrativa altro non sia che un lungo dialogo tra la Petrucci adulta ed una se stessa bambina. Il linguaggio è semplice ma frutto di una scelta accurata che non lascia nulla al caso e che inventa immagini di rara bellezza e incisività. Una delle più belle è alla fine del libro. La madre spiega all’adolescente Flaminia il segreto dell’essere donna: bisogna pensarsi come una scatola cinese, ovvero come una madre che contiene un’altra madre che è a sua volta il possibile contenitore d’altre scatoline in un processo che tende all’infinito. Questa immagine permette all’autrice di sciogliere un nodo importante dei propri ricordi e di sentirsi più vicina alla figura materna: ella comprende per la prima volta che il passato di sua madre, il suo dolore e le sue questioni irrisolte, fanno e faranno parte anche di lei, per sempre. Il passato non deve rovinare il presente, ma fare parte della persona che si vuole essere in questo presente. Le uova di luce dell’inizio del libro, piccole macchie di luce sulle pareti della camera da letto, costituiscono la genesi di un viaggio psicologico alla ricerca del proprio continente oscuro e dei suoi perché e contemporaneamente sono il simbolo di una nuova consapevolezza maturata dall’autrice grazie alla propria narrazione.

Flaminia Petrucci è nata e vive a Roma, dove si è occupata a lungo di grafica e illustrazione per importanti riviste italiane e case editrici. Uova di luce è il suo esordio letterario, finalista al Premio Strega.

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