Intervista a Andrea Costantino
Anzitutto una domanda sulla persona: parlaci di te, di come hai iniziato al cinema e cosa stai facendo oggi.
Posso dire di aver iniziato nell’ormai lontano 1992 quando, grazie ad videoregistratore in regalo da parte di mio padre, ho ripreso e montato un piccolo documento sull’incendio del teatro Petruzzelli di Bari. Mi fece impressione vedere l’accaduto liquidato in poche battute dalla mia prof. di lettere e pensai di registrare una cassetta che raccontasse quel disastro.
Da allora nonostante la laurea in giurisprudenza ho frequentato diversi corsi: due seminari sulla realizzazione di un documentario per il cinema con un documentarista in Puglia, un corso di sceneggiatura a Roma con Giuseppe Tornatore, due seminari propedeutici al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Grazie a questo percorso ricco di colloqui ho conosciuto persone come Osvaldo Bargero, montatore, che mi hanno dato la possibilità di lavorare. Ho partecipato alla serie TV Diritto di difesa lo scorso anno come assistente al montaggio per Bargero e poi con la stessa squadra sono passato sul film di Alessandro D’Alatri La Febbre. Ho lavorato anche con i Vanzina come assistente alla regia per Le Barzellette. Ad agosto 2004 ho girato un altro corto che è in lavorazione.
Il tuo film ha fatto ridere di gusto la platea del MFF e soprattutto ci ha spiazzato. Puoi raccontarci la genesi di questo corto?
Nasce come showreel per l’attore, Antonio Iandolo. Già in precedenza avevo realizzato in modo più rozzo un’altra divertente scenetta in cui Antonio dialogava con De Niro nel film Heat-la sfida.
In un weekend (tempo limite perché ero in procinto di partire per un lavoro a Roma) ho girato e montato il Pritalicovino. È stata un’esercitazione (quella che non ho potuto fare al Centro Sperimentale perché risultavo essere sempre idoneo ma non ammesso per carenza di posti) divertente, in cui ho messo tutta la mia passione per il cinema e per il racconto breve. Credo che nell’andamento del corto ci sia anche qualcosa che viene da numerosi anni di pianoforte. L’importanza della musica e delle pause viene da quegli studi.
Non possiamo trattenerci dal chiederti: come hai realizzato questo gioco fra realtà e finzione così complesso e convincente?
Qualche tempo prima della realizzazione avevo fatto un corso intensivo di fotografia digitale e un corso Avid per un migliore utilizzo del programma di montaggio anche a livello fotografico. Ho semplicemente messo questi insegnamenti a servizio della mia creatività.
È una grande idea quella alla base di questo lavoro, con un corto comico hai saputo dire qualcosa sul rapporto fra immagine e realtà. Vuoi svolgere la metafora e tradurci in parole la tua idea espressa nel film?
È evidente un aspetto della mia vita di cineasta. È un po’ il prezzo che forse paga chi crede troppo al “fantastico mondo del cinema”.
Ho voluto ribaltare il senso dello showreel di preparazione ad una carriera d’attore. Da aspirante attore di successo il protagonista si ritrova a diventare per sempre personaggio, nel film Bonasera.
Il sig. Brunazzi invece per me è “l’uomo delle stelle” solo che qui non ti ruba solo i soldi, ti ruba l‘anima. L’ultima sinossi che presento infatti è: -vuoi vendere l’anima al cinema?-
Oggi più che mai con i real-TV c’è una ricerca spiccata dell’apparire. Il mio personaggio non appare Bonasera, il mio personaggio è Bonasera, solo che a differenza di altri personaggi come ad esempio Don Corleone, il mio provinante ne è consapevole. Il provinante non ha la giusta determinazione nell’essere parte della celluloide perché si oppone all’incantesimo e per questo piange alla fine del corto.
Mi viene sempre in mente un battuta del film Gli Intoccabili in cui Sean Connery, prima di morire, con in mano l’orario del treno su cui partirà il contabile di Al Capone dice a Kevin Costner “adesso cosa sei disposto a fare?”
Raccontaci la tua esperienza al MFF. Com’è stato partecipare?
È stato incredibile se penso che sono arrivati più di 1000 corti. Il team del festival è vincente e stupefacente. La platea di Milano è stata forse la più recettiva riguardo i miei intenti comici e drammatici. Comunque tutto questo 2004 è stato un lungo viaggio. Il Provino ha partecipato a più di trenta festival ne ha vinti quattro (Oscarino, Filmare, Salento finibus terrae e Cortodrome), ha conquistato cinque premi del pubblico e sei menzioni speciali. Ora è in concorso a Berlino e Montpellier.
Questo corto resta il mio showreel anche se la mia prima proiezione pubblica risale al 2001 al Sacher Festival con un piccolo documentario intitolato è nato Carlo sulla nascita di un bambino.
Un’ultima domanda: ci interessa il tuo parere di regista indipendente sulla realtà produttiva/distributiva italiana per i giovani esordienti come te. Aspetti negativi e positivi della tua esperienza.
Positivo c’è la possibilità che i tanti festival di cortometraggi danno agli esordienti come me. Di negativo c’è che spesso si risolvono in manifestazioni dette “culturali” ma che in realtà sono solo uno spreco di denaro pubblico usato a fini pubblicitari per i comuni, a servizio di persone incompetenti.
Se solo tutto questi festival fossero coordinati giuridicamente forse si potrebbe parlare di un settore distributivo alternativo a quello cinematografico? Forse se così fosse il racconto breve avrebbe la giusta dignità? Forse magari migliorerebbe anche la qualità?
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A cura di Francesca Arceri
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